Un recente documento, intitolato “T(h)reading a path: Towards textiles waste prevention targets” (Leggere un percorso: verso obiettivi di prevenzione dei rifiuti tessili), mette in evidenza il divario delle emissioni che i giganti dell’industria dell’abbigliamento affronteranno se i governi non adotteranno azioni urgenti per prevenire la sovrapproduzione di vestiti.
Pubblicato dalla rete ambientale Zero Waste Europe, l’articolo nota che, nonostante l’Europa sia il principale acquirente di abbigliamento a livello globale, l’Ue non ha ancora adottato misure concrete per la prevenzione degli sprechi tessili, annullando così ogni progresso verso un’industria sostenibile della moda.
Nel documento Theresa Mörsen, responsabile delle politiche sui rifiuti e sulle risorse di Zero Waste Europe, enfatizza che, nonostante gli interventi previsti nella catena di produzione tessile, i dati evidenzino un gap di quasi il 40% nella riduzione delle emissioni necessarie per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C. Secondo la Mörsen, l’unica via percorribile sembra essere quella di ridurre la sovrapproduzione.
Il documento sottolinea inoltre che l’industria tessile ha un impatto significativo sul riscaldamento globale, soprattuto nella fase di produzione, ed è per questo necessario spingere per una riforma radicale del settore.
La Gerarchia dei Rifiuti dell’Ue, stabilita attraverso la Direttiva Quadro sui Rifiuti, stabilisce la prevenzione dei rifiuti come priorità rispetto ad altre metodologie, come il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero. Nonostante la Direttiva imponga ai Paesi di adottare misure contro i rifiuti, l’attuale proposta di revisione non include obiettivi di prevenzione per i prodotti tessili, mettendo così in discussione il principio fondamentale della Gerarchia.
Ancora Mörsen: “I programmi di prevenzione dei rifiuti degli Stati membri, negli ultimi 10 anni, non hanno prodotto alcuna riduzione tangibile. Nell’attuale revisione della Direttiva Quadro, suggeriamo di stabilire obiettivi concreti, partendo dai rifiuti tessili. Proponiamo un obiettivo complessivo di riduzione di questo tipo di rifiuti di almeno un terzo entro il 2040 rispetto al 2020.”
Secondo il documento, ogni anno l’europeo medio consuma ben 26 kg di prodotti tessili, che generano 11 kg di rifiuti. Le conseguenze ambientali di questa produzione si estendono oltre i confini europei, poiché l’estrazione e la produzione dei materiali avvengono principalmente al di fuori dell’Ue, e le esportazioni di questi rifiuti inquinano il suolo e l’acqua nei Paesi destinatari, che in genere si trovano a sud dell’equatore.
“T(h)reading a path,” affrontando l’impatto globale dell’industria tessile, mette in evidenza che la riduzione della sovrapproduzione di vestiti può avere un impatto significativo sulla riduzione dell’impronta di carbonio dell’industria. Sebbene il riciclo e il riutilizzo siano pratiche vantaggiose, essi non sono sufficienti per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Pertanto, il documento sottolinea che l’UE dovrebbe fungere da esempio nel gestire l’attuale crisi del settore tessile e adeguare di conseguenza la Direttiva quadro sui rifiuti.