Secondo il rapporto ISPRA “…il grande problema della produzione del cibo è la competizione con la natura selvatica per una risorsa fondamentale: il territorio. Per fare agricoltura bisogna infatti eliminare un ecosistema naturale, con le sue piante e i suoi animali, e sostituirlo con un ambiente artificiale, semplificato, che va poi difeso dai tentativi della natura di riprenderne possesso con l’aratura e l’uso di pesticidi ed erbicidi. Dopo il raccolto, viene ripristinata la fertilità del suolo con i fertilizzanti”. Tutto questo richiede energia da fonti fossili che contribuiscono al cambiamento climatico.
Il rapporto ISPRA non lascia dubbi: “In passato, un’agricoltura poco produttiva ha costretto a sottrarre alla natura gran parte dei nostri boschi e quasi tutti gli ambienti umidi, come le grandi paludi nella Pianura Padana e lungo le coste. Oggi l’agricoltura intensiva è in grado di produrre molto più cibo sulla stessa terra e ha già restituito molti territori al bosco, soprattutto in collina e in montagna, ma dove viene praticata ha spesso un impatto molto forte sull’ambiente. La stessa cosa è avvenuta con l’allevamento intensivo: da una parte i pascoli abbandonati sono tornati al bosco, ma dall’altra gli allevamenti intensivi sono molto inquinanti, mentre la produzione di mangimi richiede che moltissima terra coltivabile venga dedicata a questo scopo”.
In Italia si usano 114.000 tonnellate l’anno di pesticidi, che rappresentano circa 400 sostanze diverse. Gli indicatori europei che misurano l’uso e il rischio dei pesticidi mostrano continui progressi, a partire dal 2011 la riduzione complessiva del rischio in Europa è stata del 21%, mentre in Italia si è fermata al 15%.
Se da una parte continua la diminuzione dei residui di pesticidi nel cibo che mangiamo (nel rapporto del Ministero della Salute del 2020, su dati del 2018, solo nello 0,8% dei 12.000 campioni effettuati sono stati trovati residui superiori alla norma, contro il 2,5% della media europea) dall’altra aumenta in modo significativo l’inquinamento da pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. Nel 2019 le concentrazioni misurate di pesticidi hanno superato i limiti previsti dalle normative nel 25% dei siti di monitoraggio per le acque superficiali e nel 5% di quelli per le acque sotterranee. Ma ISPRA sottolinea che la contaminazione rilevata è ancora sottostimata, a causa delle difficoltà tecniche e metodologiche, anche se negli anni l’efficacia del monitoraggio sta migliorando in relazione alla copertura territoriale, al numero di campioni analizzati e alle sostanze cercate.
Il Parlamento e il Governo non sembrano in grado di fornire strumenti adeguati per trovare efficaci soluzioni a questa grave situazione, con l’agricoltura ancora una volta sotto accusa per il suo elevato impatto sull’ambiente e sulla biodiversità.
Il nuovo Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è praticamente scomparso, dopo la scadenza nel febbraio 2019 del Piano precedente, la Legge nazionale sull’agricoltura biologica è ferma alla Camera dei Deputati e rischia di non essere approvata prima del termine della Legislatura, il Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022 con il quale il nostro Governo e le Regioni devono programmare l’utilizzo di 51 miliardi di euro fino al 2027 è assolutamente inadeguato per sostenere una vera transizione ecologica della nostra agricoltura.
A fronte dei dati preoccupanti presentati dal rapporto ISPRA è evidente l’assenza di volontà dei nostri decisori politici a mettere in campo soluzioni efficaci per risolvere i problemi causati da una agricoltura sempre meno sostenibile. Per il WWF serve un maggiore impegno per rendere la nostra agricoltura davvero più sostenibile e non fare solo greenwashing.