Dopo l’approvazione il 19 settembre in Giunta regionale del disegno di legge sulle Aree idonee, Sardegna Rinnovabile*, l’alleanza composta dalle tre associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente, Kyoto Club, ha pubblicato una nota che riportiamo di seguito.
Sardegna Rinnovabile*, pur apprezzando e riconoscendo lo sforzo della Giunta della Regione Sardegna nell’affrontare un tema troppo a lungo lasciato in sospeso, nel difficile contesto dell’aspro dibattito alimentato da chi nei fatti sostiene il permanere di un’economia basata sulle fonti fossili, ritiene che il disegno di legge sulle aree idonee e non idonee allo sviluppo di energie rinnovabili approvato dalla Giunta della Regione Sardegna confermi le forti preoccupazioni di chi crede in uno sviluppo diverso: la Presidente Todde ha infatti dichiarato che la quasi totalità del territorio sardo è stato classificato come non idoneo per gli impianti rinnovabili. Del resto, di sette allegati al testo della legge regionale, solo uno, piuttosto sintetico, riguarda la selezione delle aree idonee, mentre i restanti sono lunghi elenchi di aree non idonee e di ulteriori requisiti urbanistici ed edilizi richiesti per tipologia di impianto.
La selezione delle aree idonee e non idonee avrebbe dovuto favorire il rapido sviluppo di energia rinnovabile in tutto il Paese, garantendo iter autorizzativi semplificati e snelli in quelle aree particolarmente vocate all’installazione degli impianti. Invece, la preoccupante assenza di criteri validi, strutturati e uniformi a livello nazionale ha rappresentato un prevedibile boomerang per le rinnovabili, con la Regione Sardegna che si sta apprestando a tradurre in legge, anche con effetto retroattivo per gli impianti con procedura autorizzativa in corso, le diffuse preoccupazioni determinate anche dalla martellante campagna mediatica contro le rinnovabili spalleggiata da forti interessi legati ai combustibili fossili, quegli stessi combustibili all’origine del cambiamento climatico che minaccia il futuro di patrimoni inestimabili tra cui proprio il territorio sardo, su cui grava una crisi idrica senza precedenti.
In questo scenario, l’alleanza Sardegna Rinnovabile continua a sostenere che la Regione Sardegna potrebbe davvero costituire un laboratorio dei paesaggi dell’energia, un esempio di coesistenza e armonia tra natura e produzione energetica rinnovabile, ma occorre un deciso cambio di passo e una nuova considerazione delle ragioni delle FER (Fonti di Energia Rinnovabile), che consentono di tutelare proprio la natura e il territorio con un irrisorio impatto sulla biodiversità rispetto alle fonti fossili.
Allo stato dei fatti, invece, il Governo e la Regione Sardegna condividono la responsabilità di mettere a serio rischio la produzione di energia rinnovabile nella regione con il più alto tasso di emissioni di CO2 pro capite e con un mix energetico che vede ancora una preponderanza di carbone e derivati del petrolio, ed un’intensità di carbonio molto alta. Non è chiaro, inoltre, come farà la Regione Sardegna a raggiungere gli obiettivi del burden sharing (6.2 GW al 2030, contro i 0,4 GW installati fino al 2023) e la produzione ulteriore che sarà necessaria dopo il phase out dal carbone con così tante limitazioni e preclusioni per le rinnovabili sull’intero territorio regionale. A pagarne le conseguenze saranno soprattutto gli stessi cittadini sardi, costretti a sopportare i danni di un’economia fossile con ripercussioni sulla salute e sul prezioso ecosistema sardo già oggi in forte sofferenza per gli impatti dei cambiamenti climatici che le rinnovabili contribuirebbero a contrastare.
Sardegna Rinnovabile ha da sempre ritenuto imprescindibile la tutela dello straordinario patrimonio naturale della Sardegna e condivide l’esigenza di impegnarsi attivamente per coniugare rinnovabili e natura, nella prospettiva di un equilibrio armonico e plurale in funzione della transizione ecologica, tenendo anche conto di altre rilevanti esigenze sociali e culturali. Tuttavia, questo non può tradursi in una disciplina regionale che, invece di ricercare con spirito propositivo gli ottimali punti di equilibrio, punta al ribasso e confina di fatto gli impianti nelle aree già compromesse e non necessariamente vocate alla produzione di energia.
Le aree non idonee, anche secondo le disposizioni europee, vanno limitate il più possibile e giustificate caso per caso con puntuali motivazioni tecnico-scientifiche. Il disegno di legge regionale, oltre a mettere a rischio la transizione energetica sarda, appare quindi poco lungimirante e rischia di segnare l’apertura di un importante contezioso legale (come già avvenuto con la moratoria), che determinerà, quale drammatico effetto, ancora maggiore incertezza e rallentamento del processo di decarbonizzazione. Nel frattempo, il clima non aspetta.