La città di Valencia in Spagna e il suo territorio sono alle prese con quella che alcuni hanno già definito, senza mezzi termini, una “strage climatica”. La violentissima alluvione che ha colpito la regione di Valencia nella notte del 29 ottobre ha causato almeno 70 morti certi, decine di dispersi e distrutto vastissime porzioni di territorio. Il sindaco del comune di Utiel, Ricardo Gabaldon, ha parlato di persone rimaste “intrappolate come topi” a causa di inondazioni incredibilmente potenti e improvvise.
Tecnicamente a Valencia si è verificata una DANA, acronimo di Depresion Aislada en Niveles Altos (Depressione Isolata di Livello Superiore), una corrente a getto polare che si è spostata verso sud a una temperatura di -22 gradi. Parte della corrente fredda rimasta isolata in quota si è scontrata con una corrente da est molto umida, unita alla temperatura del Mediterraneo che attualmente è intorno ai 21 gradi, provocando temporali intensissimi e concentrati.
I primi scienziati che iniziano a commentare l’evento catastrofico dicono che è stato certamente reso più intenso e distruttivo dal cambiamento climatico.
La dottoressa Friederike Otto, responsabile clima presso il Centro per la politica ambientale dell’Imperial School di Londra, ha dichiarato: “Non c’è dubbio che questi acquazzoni esplosivi siano stati intensificati dal cambiamento climatico. Con ogni frazione di grado in più l’atmosfera può trattenere più umidità, causando raffiche di pioggia più intense. Queste inondazioni mortali sono un altro promemoria di quanto sia già diventato pericoloso il cambiamento climatico con soli 1,3°C di riscaldamento globale medio, ma la scorsa settimana l’ONU ha avvertito che siamo sulla buona strada per arrivare fino a 3,1 °C entro fine secolo”.
Ernesto Rodríguez Camino, membro dell’Associazione meteorologica spagnola, ha affermato: “In termini generali, quello che sappiamo è che nel contesto del cambiamento climatico questo tipo di precipitazioni intense, eccezionali e rare saranno più frequenti, più intense e più distruttive.”
Mark Smith, professore di Scienze dell’Acqua e della Salute presso l’Università di Leeds, ha invece dichiarato: “Oltre all’aumento delle precipitazioni estreme, stiamo assistendo a estati più calde che bruciano i terreni e riducono la loro capacità di assorbire l’acqua. Questo a sua volta amplifica gli effetti più diretti di precipitazioni molto intense, man mano che una maggiore quantità d’acqua raggiunge i fiumi”.
Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente definisce il Mediterraneo un “punto critico del cambiamento climatico” dove le vulnerabilità sono esacerbate. Diversi studi hanno dimostrato che la regione mediterranea, che ospita oltre 510 milioni di persone, si sta riscaldando il 20% più velocemente della media mondiale. Si prevede che la temperatura dell’acqua aumenterà tra 1,8°C e 3,5°C entro il 2100, con punti critici proprio in Spagna e nel Mediterraneo orientale.