Aiuti umanitari. E’ possibile ragionare in termini di sostenibilità anche sulla gestione e organizzazione di questi aiuti? Di fronte alla emergenza non si può e non si deve fare gli schizzinosi, ovviamente. Si soccorre come si può, e sarebbe ridicolo obiettare “guarda che stai partendo per portare i farmaci con un diesel euro 3 e inquini”. Ma questa emergenza, proprio perché è enorme, richiede anche uno sforzo di razionalizzazione e di efficienza.
Non abbiamo ancora chiaro il quadro della gestione e organizzazione dei profughi nell’area dove sono di più, ovvero nella Polonia sudorientale. Ma abbiamo capito che quella è la zona cruciale di diversi tipi di flussi. C’è l’aiuto agli ucraini che sono appena espatriati in Polonia e che vogliono rimanere lì, il più vicino possibile ai confini del loro paese. E’ ad esempio la destinazione degli aiuti della Fondazione Specchio dei Tempi. C’è anche chi porta aiuti alla frontiera polacco – ucraina allo scopo di lasciarli nelle mani o nelle disponibilità di volontari e/o combattenti ucraini che li inoltrano nel loro paese. E’ il caso del gruppo informale degli ucraini che a Torino anche come associazione Eco dalle Città abbiamo aiutato con la ” cena ucraino-russa”, che manda farmaci destinati a entrare in territorio ucraino. O della raccolta che ho visto fare ai volontari di Solidando a Milano, che seguiranno indicazioni del consolato ucraino.
C’è poi il grande tema del viaggio dei profughi verso altri paesi della Unione Europea e, quello che ci interessa di più, verso l’Italia. Abbiamo letto che Flixbus mette a disposizione passaggi gratuiti ma questo canale intercetta una parte credo minima delle necessità. Quasi tutti i vettori che portano aiuti materiali nella zona polacca vicino alla Ucraina tornano carichi di persone (donne e bambini) che cercano un passaggio e che vengono incontrate più o meno casualmente negli improvvisati ” campi profughi”.
Questo è forse l’aspetto più importante di tutti. Se si tratta solo di portare aiuti, infatti, tutto o quasi tutto potrebbe essere acquistato agevolmente in Polonia. Probabilmente non ha molto senso portare scatole di pelati per 1700 chilometri, in un paese che – almeno al momento – ha completamente in piedi la sua catena alimentare come la Polonia. Però è anche vero che se si ha il sentimento di voler portare cose e non “semplice” denaro, di già che occorre dare passaggi su furgoni o pulmini o bus ai profughi, tanto vale fare il viaggio di andata portando qualcosa. C’è un flusso tanto generoso come disordinato, con grande spreco di carburanti (fossili, ovviamente).
Da tutte queste considerazioni emerge che la scelta più sostenibile efficiente e anche carica di significati sarebbe il treno. Un treno che vada dal Nord Italia (Torino Milano Verona o Bologna) fino al confine polacco ucraino. Portando attrezzature o beni necessari all’andata e soprattutto persone al ritorno. Sarebbe la soluzione migliore, ma comporta la possibilità di confrontarsi con un sistema di governance a un livello più alto. Chissà….