Sono arrivati a Perugia da tutta l’Umbria per portare sotto gli uffici della Regione il loro “no“ al Piano regionale di gestione dei rifiuti. La manifestazione si è svolta mercoledì 31 agosto e ha visto la partecipazione dei rappresentanti di tanti comitati e delle associazioni ambientaliste dell’Umbria che non vogliono saperne dell’ampliamento delle discariche e delle “politiche“ regionali in materia di rifiuti. Le discariche di cui è previsto l’ampliamento sono quella di Borgogiglione (comune di Magione), Le Crete (comune di Orvieto) e Belladanza (Città di Castello).
Altro oggetto di protesta è la realizzazione del termovalorizzatore che potrebbe entrare in funzione già nel 2028, anziché nel 2030, con una capacità di 160mila tonnellate all’anno, trentamila in più rispetto a quanto ipotizzato.
Il Comune di Valfabbrica, nelle osservazioni presentate poche ore fa alla Regione, sottolinea come l’area “sarebbe gravemente danneggiata principalmente nella salute e in secondo ordine nell’economia basata sul turismo e l’agricoltura sostenibile, turismo religioso e slow”. Bacoccoli ricorda i livelli-record della differenziata raggiunti dal Comune e sottolinea che il territorio è caratterizzato da aree potenzialmente inidonee per la realizazione di un eventuale scongiurato termovalorizzatore e che non può ospitare centri di rottamazione, impianti di raggruppamento e depositi preliminari di rifiuti pericolosi, impianti di discarica o trattamento di rifiuti. Le proteste non accennano a placarsi e la battaglia per la tutela del territorio prosegue.
Il nuovo Piano regionale per la gestione dei rifiuti in Umbria presenta numerose criticità ed è improponibile per Le Crete di Orvieto destinata, secondo il Piano, a divenire la principale discarica in Umbria. L’organizzazione del sit-in che si è svolto a Perugia afferma che questo Piano non tiene conto delle conseguenze che avrà sulla salute e sul benessere della comunità locale. Le Crete di Orvieto si trova infatti in una zona particolarmente vocata all’agricoltura e all’allevamento, e la presenza di una discarica in quest’area potrebbe avere gravi ripercussioni sull’ecosistema.
Secondo i comitati e le associazioni è evidente che la giunta regionale e la sindaca di Orvieto intendono procedere con l’ampliamento della discarica Le Crete, nonostante le preoccupazioni sollevate dalla cittadinanza. Questo ampliamento, tuttavia, non risolverà il problema dello smaltimento dei rifiuti nel lungo termine, poiché la volumetria residua della discarica sarà comunque esaurita entro il 2024. Pertanto, è necessario che vengano trovate soluzioni alternative all’ampliamento della discarica, altrimenti si rischia di creare un nuovo problema ambientale nella città di Orvieto.
Il Piano regionale prevede una fase transitoria, sino al 2028, ove si farà ancora ricorso allo smaltimento in discarica del rifiuto residuo pari al 40% circa di quello prodotto in Umbria. Tale fase transitoria è necessaria per permettere la realizzazione di un nuovo inceneritore, di cui ancora non è stata neanche individuata la localizzazione.
La data prevista per la fine del conferimento dei rifiuti in discarica non potrà essere rispettata. Ciò significa che, contrariamente a quanto previsto dalla gerarchia europea in tema di rifiuti, continueremo a smaltire i rifiuti in discarica. Questa è una situazione molto critica, poiché la gestione dei rifiuti in discarica è considerata l’ultima opzione dopo la prevenzione, il riciclaggio, il recupero di energia e altre forme di riutilizzo. Purtroppo, senza un cambiamento radicale nella gestione dei rifiuti, non sarà possibile rispettare questa data, afferma l’associazione Amici della Terra.
Gli Amici della Terra hanno elaborato proposte alternative agli scenari indicati nel Piano che, ricorrendo anche alla valorizzazione energetica negli impianti esistenti, consentirebbe di prolungare per alcuni decenni la vita delle discariche e de Le Crete in particolare, il cui ampliamento costituisce invece l’unica scelta di un’Amministrazione Regionale miope e incapace di futuro. La situazione attuale non è sostenibile, e gli Amici della Terra chiedono che si faccia presto un passo avanti per trovare una soluzione più duratura e meno impattante per il territorio.