Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti e i dati non fanno altro che confermare questo trend. Agli allarmi degli scienziati degli ultimi, si sono aggiunte numerose ricerche, in ultima l’allarmante indagine dell’Ipcc che esorta i governi a fare presto. In questo quadro si è svolto a Roma il 3 marzo l’incontro tra gli attivisti di Ultima generazione con il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, Dopo 11 giorni di sciopero della fame e presidi davanti al Ministero della Transizione ecologica. “Un quinto dell’Italia è a rischio desertificazione e si tratta solo di una media, perché Regioni come la Sicilia hanno l’80% di desertificazione – spiega l’attivista Beatrice Costantino. Il nostro Paese sta vivendo un aumento di temperatura del 20% superiore alla media globale e siamo consapevoli che potremmo essere tutti profughi climatici”. La richiesta è quella di fare presto, il più presto possibile perché siamo già in piena crisi e di coinvolgere sempre di più i cittadini perché i cambiamenti riguardano tutti e c’è bisogno di maggiore consapevolezza diffusa. Più informazione, quindi, ma anche maggiore protagonismo, adottando ad esempio strumenti di partecipazione attiva come le assemblee cittadine.
Tre le domande poste al ministro, impegnato in questi giorni sul Piano energetico di emergenza nazionale vista la crisi in Ucraina per evitare – come lui stesso ha precisato – di “dover spegnere tutto”.
In prima battuta, se siamo davvero l’ultima generazione in tempo per invertire la crisi climatica. Cingolani ha ribadito che questa “non è l’ultima generazione che può agire, ma è la prima a cui è stato dato un chiaro messaggio di un pericolo imminente e che le soluzioni non sono più procrastinabili. Nel Pianeta siamo tutti impegnati. Il quadro è sotto gli occhi di tutti, ma la soluzione è epocale. Su 8 miliardi di persone nel pianeta, circa la metà hanno la possibilità di adattarsi, di mitigare e di difendersi, adattandosi ai cambiamenti ma ci sono 3 miliardi di persone sul pianeta che sono in una situazione diversa. Di questi, 1 miliardo non ha accesso all’elettricità, ½ miliardo ha problemi addirittura a trovare l’acqua potabile e in generale 2 miliardi cucinano bruciando ciò che trovano. Sono loro che sono qualche generazione più avanti al danno, e lo pagano più alto di noi”.
La seconda domanda riguarda come stiamo vivendo la crisi climatica attuale e quali sono le misure del Governo per invertire questa rotta. Il Ministro ha precisato che non è possibile recuperare in poco tempo il danno che è stato fatto negli ultimi decenni. “Ci stiamo muovendo su tre direttrici: cambiare la produzione primaria dell’energia, e di conseguenza i nostri meccanismi di produzione e di trasporto che vanno da carburante fossile a elettricità (non prodotta da carburante fossile quindi rinnovabile), efficientare tutti i nostri consumi e cercare di ripristinare lo stato di salute di acqua, verde e terreni, capaci di intrappolare l’anidride carbonica. Dobbiamo essere rapidi ma senza spegnere tutto perché si creerebbe troppo disordine sociale, è necessario un compromesso tra sostenibilità sociale e ambientale. Dobbiamo agire con damage control (il controllo del rischio)”. Un compromesso necessario per evitare che non ci siano persone che paghino questa transizione, quindi, che però rischia di diventare un corto circuito. “L’agricoltura italiana è già a rischio – ribadisce Aldo Riboni, uno degli attivisti. L’anno scorso abbiamo perso il 10% del riso, il 90% del miele, l’80% degli olivi in alcune zone. Non c’è tempo perché se cercheremo di salvare l’economia, la perderemo”. “Oltre che lavorare sulla filiera agro food, sul cibo – ribatte il ministro – il vero problema è lo spreco del cibo, che si assesta al 33%. È su questo che dobbiamo lavorare. Con quello che noi sprechiamo nei paesi ricchi, potremmo sfamare 4 volte i paesi poveri”.
Ma sull’impegno del Governo, Ultima generazione ha ribadito la necessità di fare di più perché nell’Accordo di Parigi l’Italia si è impegnata a ridurre il riscaldamento entro 1 grado e mezzo, un obiettivo ancora molto lontano.
“Quello italiano non è un quadro drammatico – spiega Cingolani – perché rappresenta poco meno dell’1% della popolazione e produce più o meno l’1% della CO2. In generale l’1,5 è ancora lontano, ma abbiamo paesi da 1 miliardo e mezzo di abitanti a cui non possiamo mettere nessun vincolo. Inoltre siamo in emergenza vista la situazione attuale. Abbiamo da poco liberalizzato il fotovoltaico fino a 200 kw che dovrebbero facilitare tutto, ma spesso la burocrazia rallenta questo processo e dobbiamo fare meglio”.
L’ultima richiesta avanzata durante l’assemblea è di attivare processi di informazione e partecipazione collettiva per far sì che i cittadini siano più consapevoli di questo necessario passaggio. La richiesta è quella di attivare delle assemblee cittadine con potere deliberativo.
“Il mio impegno è di informare il più possibile i cittadini, utilizzando però strumenti di comunicazione in grado di tradurre i dati e renderli fruibili. Sulla possibilità di attivare le assemblee, ritengo siano realizzabili con facoltà consultativa, ma che in una democrazia parlamentare sia difficile che abbiano un potere deliberativo”, ha concluso Cingolani.