Trattato sulla plastica, Greenpeace: “Lobby chimiche e fossili mai così presenti, vogliono bloccare l’accordo”

Durante i negoziati ONU a Busan per il quinto round di negoziati (INC-5) , la presenza record di 220 lobbisti dell'industria chimica e dei combustibili fossili solleva preoccupazioni. Greenpeace e CIEL denunciano tentativi di sabotaggio per proteggere i profitti, chiedendo un accordo ambizioso e vincolante che riduca drasticamente la produzione di plastica, salvaguardi il clima e garantisca la tutela della salute e dei diritti umani

Trattato plastica Greenpeace

Durante i negoziati per la definizione di un Trattato globale sulla plastica a Busan, in Corea del Sud, ben 220 lobbisti dell’industria chimica e dei combustibili fossili hanno ottenuto accesso al quinto round di negoziati (INC-5) sotto l’egida dell’ONU. Una recente analisi del Center for International Environmental Law (CIEL) ha denunciato la portata senza precedenti di questa partecipazione, sottolineando il tentativo delle lobby di condizionare un accordo che dovrebbe affrontare la crescente emergenza legata al ciclo di vita della plastica.

Secondo CIEL, queste lobby sarebbero pronte a sacrificare il pianeta e la salute umana pur di proteggere i propri profitti. Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, ha dichiarato: “I lobbisti dei combustibili fossili e del settore petrolchimico, sostenuti da alcune nazioni, non possono determinare l’esito di questi negoziati cruciali. Occorre un accordo ambizioso e vincolante che riduca la produzione di plastica e ponga fine al monouso“.

Greenpeace, insieme al movimento Break Free from Plastic, ha consegnato ai leader mondiali una petizione firmata da oltre due milioni di persone, di cui 350 mila provenienti dall’Italia. La petizione invita i governi a:

  • Ridurre la produzione di plastica di almeno il 75% entro il 2040, per contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C;
  • Promuovere l’utilizzo di prodotti sfusi o con packaging riutilizzabile, vincolando le multinazionali a politiche più sostenibili;
  • Assicurare che i Paesi sviluppati guidino una giusta transizione e offrano supporto ai Paesi in via di sviluppo;
  • Dare voce a Popoli Indigeni, comunità vulnerabili e lavoratori, includendoli nella transizione verso un’economia basata sul riuso.

La richiesta di un trattato ambizioso nasce dall’urgenza di andare oltre il semplice riciclo e affrontare in modo sistematico l’intera filiera della plastica. Solo una riduzione drastica della produzione potrà garantire la protezione del clima, della salute e dei diritti umani. Il successo del trattato dipenderà dalla volontà politica degli Stati membri di anteporre l’interesse globale ai profitti di pochi.