“Qualcosa di ambientalista” che hai fatto o sostenuto finora nella tua attività sociale o politica
All’impegno per la giustizia sociale ho aggiunto negli anni quello per la giustizia ambientale e intergenerazionale. Con S-nodi, l’impresa sociale che dirigo, lavoriamo ogni giorno per accompagnare le comunità locali verso la sostenibilità e costruiamo con loro percorsi per sviluppare economia sociale e solidale su misura del proprio territorio. Insieme all’associazione Fa Bene, invece, ci occupiamo di empowerment mettendo al centro le competenze delle persone vulnerabili per creare nuovi servizi per la comunità a partire dal cibo e dalla spesa sospesa di alimenti freschi e di qualità a favore delle famiglie più fragili. Il tema della giustizia ambientale lo affronto sia con il Forum Diseguaglianze e Diversità, sia con l’esperienza di Assemblea Popolare nata a Torino durante la pandemia con gli amici Beppe Piras e Roberto Mezzalama, e con altre 40 associazioni che intendono coniugare le battaglie sociali con quelle ambientali.
Ci siamo chiesti: come mai Covid-19 sta provocando tanta devastazione, nonostante la società contemporanea abbia a disposizione un patrimonio di conoscenze, di tecnologia, di capacità produttiva come mai prima? Un ruolo importante ce l’ha la cultura diffusa nella nostra classe dirigente, incapace di pensare secondo la categoria del futuro sostenibile, succube di un immanentismo autolesionista, che ha programmaticamente rifiutato il principio di precauzione, asse fondante di ogni politica sociale ambientale e sanitaria, divenendo incapace di prevenire.
“Qualcosa di ambientalista”, quali priorità vorresti nell’amministrazione comunale dei prossimi anni
È necessario mettere al centro delle priorità il cambiamento climatico e per farlo occorre trasformare innanzitutto il tempo della politica: è fondamentale agire qui e ora, pensando a lungo termine. Le decisioni della Città devono puntare oltre il 2030, senza perdere neppure un minuto. Bisogna impegnarsi per uno sviluppo davvero sostenibile a misura di luoghi e di persone per generare inclusione, coesione, prosperità economica e per la rigenerazione dell’ambiente. Senza giustizia sociale e giustizia ambientale non sarà possibile sostenere innovazione e sviluppo.
Desidero lungimiranza e responsabilità verso il futuro. In Italia subiamo dell’assenza di politiche di prevenzione dai terremoti, dai disastri idrogeologici, dall’inquinamento atmosferico, che provocano insicurezza, distruzione e, soprattutto, vittime, mentre i costi della riparazione lievitano a fronte di quelli della possibile prevenzione. Riparare costa molto di più che prevenire, questo ci sta confermando la crisi Covid: l’interfaccia tra i fattori che hanno determinato l’insorgenza del contagio e quelli che ne hanno consentito la diffusione e trasformazione in pandemia. Da un lato la crisi ecologica del pianeta, dall’altro, la crisi provocata dall’intreccio perverso di disuguaglianze sociali, sanitarie ed ambientali, dove il virus viaggia veloce, senza ostacoli, senza contromisure che abbiano una minima efficacia. Desidero che questo tema sia affrontato investendo su luoghi di prossimità presenti in tutti i quartieri. Scuola e sostenibilità è il primo asset su cui investire: la transizione ecologica e culturale della scuola (rigenerazione dei saperi, delle infrastrutture, dei comportamenti, delle opportunità) è una occasione per fare delle scuole il perno fisico e culturale dei quartieri.
“Qualcosa di ambientalista” nella tua vita quotidiana privata
Da quando mia figlia è rientrata dall’estero per via della pandemia, ho trasformato completamente le mie abitudini quotidiane. È stata severissima nell’imporci nuove regole che hanno cambiato la nostra impronta sull’ambiente. No acqua in plastica, a tavola solo prodotti di produttori agricoli dei mercati, carne solo bianca e una volta alla settimana, via packaging, solo sfuso, detersivi naturali. La scoperta: spendo tanto tanto di meno! In quanto al cibo abbiamo una tradizione di famiglia di cibo buono, fresco e cucinato da sé, la mia famiglia è umbra e i miei nonni coltivavano gli ulivi e producevano olio. Non posso rinunciare a tutta la cucina fatta in casa. L’altro impegno sostenibile? La cucina a km 0 agli Imbianchini, la trattoria di via Lanfranchi che io e il mio compagno abbiamo trasformato in impresa sociale e in cui in 3 anni abbiamo dato lavoro a tempo indeterminato a 10 giovani migranti e provenienti da storie difficili. Agli Imbianchini si mangia bene e si viene accolti bene: nessuno sa cosa c’è dietro ma ogni tanto vale la pena dirlo.