L’apposizione da parte del Comune di Torino di una targa identificativa sui monopattini dei servizi in sharing free floating continua a far discutere. Tutto è nato quando l’Assessora Maria Lapietra, in risposta all’interpellanza di Emanuel Cosmin Stoica (un cittadino che da tempo denuncia il parcheggio selvaggio dei monopattini sui marciapiedi complicando di fatto la mobilità per i disabili) ha annunciato una campagna di sanzioni “con regole importanti in collaborazione con i gestori anche per rendere evidenti e chiare le regole per i clienti per quel che riguarda sia la circolazione sia il divieto di sosta sui marciapiedi”.
La soluzione individuata è stata quella di dotare i monopattini “di un contrassegno con un numero identificativo in modo che i vigili possano multare la persona scaricando la responsabilità dai gestori al cittadino che utilizza il mezzo in modo non corretto”.
Una soluzione, quella della targa, che se ad un primo sguardo può funzionare nella realtà di tutti i giorni non risolve il problema e addirittura potrebbe crearne di nuovi. A dirlo è la Consulta della Mobilità Ciclistica e della Moderazione del Traffico, un organo ufficiale del Consiglio Comunale della città di Torino che con i suoi pareri (obbligatori ma non vincolanti) ha lo scopo di migliorare i progetti della città riguardanti la ciclabilità e la mobilità. Infatti la Consulta “ritiene che l’idea di apporre targhe ai monopattini non vada a risolvere, come unica soluzione, il loro parcheggio fatto in malo modo o di intralcio ai passanti, perché si rischia di colpire chi non è colpevole, in quanto un monopattino è facile da spostare per chiunque”
“Ci sono diverse soluzioni possibili – continua la Consulta – per dedicare adeguati spazi per il parcheggio dei monopattini, che evidentemente ad oggi non sono sufficienti, al di là dei comportamenti poco rispettosi verso gli altri o delle diverse sensibilità: dai parcheggi con lucchetti che rilasciano i mezzi, e obbligano a prendere e consegnare i monopattini solo lì, ai tanti spazi inutilizzati, ad esempio pensiline abbandonate da Gtt che si potrebbero riconvertire ad aree sosta, al trasformare dei parcheggi, ora destinati alla sosta di auto, a parcheggi per la mobilità sostenibile. Un’ulteriore proposta avanzata già in altri contesti dalla Consulta è di introdurre l’educazione stradale, per esempio nelle ore di educazione civica, per ogni ordine di scuola: in tal modo la formazione sarebbe indipendente dalla patente e anzi, sin da ragazzini, si verrebbe già formati ad usare i vari mezzi di trasporto e gli spazi pubblici secondo il rispetto e la sicurezza di tutte e tutti e nel rispetto delle norme. Sempre per accrescere le competenze di tutte e tutti, ad ogni rinnovo della patente ognuno dovrebbe avere l’obbligo di seguire filmati di formazione sulle nuove norme del Codice della strada”.
Sempre sul fronte della mobilità sostenibile la Consulta lancia ancora una proposta “a fronte dell’acceso dibattito su come mandare gli studenti a scuola in sicurezza (doppi turni, scuolabus d’istituto, utilizzo di pullman turistici…). Una proposta semplice ed innovativa, già largamente utilizzata nella gran parte dei paesi europei, e cioè che gli studenti, quelli in grado di farlo, ovviamente, la grande maggioranza, riteniamo, raggiungano la propria scuola in bici o monopattino. Questi mezzi consentono automaticamente di mantenere il distanziamento di sicurezza fra le persone anche all’esterno delle aule, azione piuttosto problematica sui mezzi di trasporto collettivi, come evidenziato dai vari tentativi di adottare orari differenziati d’ingresso, doppi turni o simili. Per promuovere l’uso di bici e monopattini è necessario che le scuole individuino ed attrezzino spazi per parcheggiare all’interno in modo sicuro bici e monopattini. Ad esempio installando archetti nei cortili o in un locale all’interno della scuola”.