Presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano, il 15 giugno è stato presentato lo studio “Sistema di deposito cauzionale: quali vantaggi per l’Italia e per il riciclo”, prodotto dalla società di consulenza Eunomia per l’Associazione Comuni Virtuosi e la campagna nazionale ‘A buon rendere’. L’evento è stata l’occasione per riprendere i fili di un dibattito che, alla luce del nuovo Regolamento imballaggi europeo, vede le imprese italiane dell’economia circolare non propriamente favorevoli ad un sistema DRS (Deposit Return System), per via di alcune “criticità” che A buon rendere giudica infondate, partendo dalla considerazione che “il deposito cauzionale è funzionale al riciclo”.
La prima a prendere la parola è stata la fondatrice e amministratrice delegata di Reloop, Clarissa Morawski, che ha ricordato: “Alla fine del 2025 i sistemi DRS per bevande saranno attivi in 18 paesi europei e alla fine del 2026 in 22 paesi europei (rispettivamente, 45% e 85% della popolazione europea). Parimenti, alla fine del 2026, ci saranno almeno 70 giurisdizioni nel mondo con un DRS attivo, per una popolazione servita di quasi 750 milioni di persone“.
Secondo Morawski inoltre “il consumo di materie prime e di energia legato al ciclo di vita dei contenitori per bevande, contribuisce ad acuire la triplice crisi ecologia (cambiamento climatico, perdita di biodiversità, inquinamento). La stessa industria delle bevande europea chiede all’UE di introdurre trarget vincolanti di raccolta per il riciclo del 90% per tutti i contenitori per bevande e l’adozione obbligatoria di sistemi DRS efficienti”.
Ma come deve essere un DRS efficiente? Per Morawski deve avere dei requisiti essenziali quali: “struttura operativa che mantenga la funzioni nel tempo; standard, ovvero la cornice necessaria per gestire il sistema in maniera efficiente; normative che gettino le basi per costruire un sistema DRS solido. Molti di questi requisiti, elaborati insieme all’industria delle bevande, sono confluiti nella proposta di Regolamento UE su Imballaggi e Rifiuti da Imballaggio (PPWR) del 30 novembre 2022″.
Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna ‘A buon rendere’, invece, ha illustrato i risultati principali dello studio che tra gli obiettivi ha quello di raggiungere quelli prescritti dalla Direttiva SUP che prevede: “77% di raccolta per il riciclo delle bottiglie in plastica per bevande entro il 2025 e 90% entro il 2029; contenuto minimo di riciclato del 25% entro il 2025 (per le bottiglie in PET per bevande) e 30% entro 2030 (per tutte le bottiglie in plastica per bevande)”. Inoltre, ha detto Favoino: “è importante anche affrontare i chiaroscuri, che restituiscono, anche per l’Italia, una vasta area di criticità nel settore della plastica, come in tutti gli altri Paesi”.
I dati mostrati evidenziano che: “ci sarà un aumento dei tassi di riciclo, una riduzione di gas serra, e la prevenzione del littering. L’introduzione di un DRS in Italia migliorerebbe significativamente la raccolta ed il riciclo dei contenitori per bevande in plastica con un aumento del tasso di raccolta dei contenitori per bevande in PET di almeno 21,9 punti percentuali ed un aumento del loro tasso di riciclo di almeno 32,9 punti percentuali. Inoltre il DRS potrebbe far aumentare il tasso di raccolta e di riciclo del vetro (rispettivamente di 15,2 punti percentuali e di 18,9 punti percentuali, portando anche il vetro ad un tasso di riciclo ben superiore al 90%). Per quanto riguarda l’alluminio, i cui tassi di riciclo sono attualmente di poco superiori al 90% (secondo quanto dichiarato dal CiAL), è probabile che un DRS comporti solo miglioramenti marginali nella differenziazione e riciclo dell’alluminio; ma anche in questo caso si avrebbero miglioramenti non trascurabili, arrivando al 96%, oltre ai benefici condivisi con le altre tipologie di materiali in termini di riduzione del littering“.
In più: “L’introduzione del DRS contribuirebbe inoltre ad una riduzione dei gas serra pari ad oltre 600.000 t/anno, dovuta principalmente al miglioramento dei tassi di riciclo effettivo delle bottiglie in PET, per un valore stimato in 64,2 M Eur/anno sulla base dei parametri internazionali di valorizzazione della CO2 evitata“.
In merito alla riduzione della dispersione dei materiali: “Studi precedenti hanno valutato una riduzione della dispersione dei materiali coperti da DRS pari al 95%. Nell’analisi condotta da Eunomia è stato assunto conservativamente un valore dell’ 85%. I benefici stimati per i cittadini e per l’industria del turismo ammontano a quasi 4 miliardi di euro”. Ma non è tutto, perché per Favoino “l’introduzione del DRS rappresenterà un risparmio economico tangibile per lo Stato e i contribuenti, risparmiando più di 100 milioni di euro l’anno sulla Plastic Tax che l’Italia versa alla UE per i quantitativi di plastica non riciclata”.
In merito ai costi derivati dall’introduzione del sistema DRS, poi: “l’analisi ha restituito un costo medio annuo di circa 640 milioni di euro. Questo verrebbe in massima coperto dalla vendita dei materiali intercettati e dai depositi non riscossi che, per quanto marginali in percentuale (lo studio ha modellizzato il 90 e 93% di restituzione dei contenitori, limitando dunque i depositi non riscossi al 7-10%) rappresentano un valore in grado di coprire gran parte dei costi.La parte residua dei costi, pari nello scenario “standard” (al 90% di tasso di restituzione e ai valori del 2021 di collocazione nelle aste dei materiali recuperati) pari a circa 80 Milioni di Euro, verrebbe coperta dai contributi EPR, che rappresentano il vero “costo netto” per la introduzione del sistema. Mentre nel caso delle lattine in alluminio non ci sarebbe bisogno di contributo EPR perché la quota di costo di gestione del DRS verrebbe integralmente coperta dal valore dei materiali recuperati e dall’ammontare dei depositi non riscossi”.
Per il capo del gruppo di ricerca di Eunomia Daniel Stunnel, infine: “Il riciclaggio, così come si configura oggi, non è più sufficiente. I sistemi di gestione dei rifiuti dovranno sempre più garantire un flusso di materiali di elevata qualità in sostituzione delle materie prime vergini, evitando il cd.“downcycling”, ovvero l’impiego dei materiali riciclati in applicazioni di inferiore valore con bassi o nulli tassi di circolarità. Incrementi marginali dei tassi di restituzione e avvio a riciclo, determinano aumenti “esponenziali” del tasso di circolarità dei materiali, quando i materiali vengono reimpiegati in “closed loop” ovvero “da contenitore a contenitore”.