di Andrea Murarotto
Non ho mai mangiato così tanta frutta e verdura come nell’ultimo anno! Parto da questa considerazione, che può sembrare bizzarra e molto personale, per parlare dello stravolgimento che hanno avuto le mie abitudini e ancora di più la mia alimentazione, durante il mio primo anno da studente fuori sede nella città di Torino. Vorrei ringraziare, inoltre, con questo breve scritto, il progetto Re-Popp e gli Ecomori di Porta Palazzo che hanno reso possibile tutto questo.
“L’uomo è ciò che mangia” diceva Feuerbach, una considerazione veramente importante, che cambierei dopo questa esperienza personale e la continua visione di uno spreco ed una poca attenzione in molte dinamiche non solo prettamente alimentari, con l’espressione “l’uomo è ciò che recupera”.
La vita da fuori sede, seppur intrisa di esperienze fondamentali per gli studenti che la praticano, porta con sé diverse insidie, soprattutto per quanto concerne ciò che si mangia. Il problema più grande rimane quello di acquisire una vera indipendenza non più solamente fisica, ma soprattutto economica, in modo da “recidere il cordone ombelicale” che in parte blocca la libera scelta di noi studenti-consumatori negli iter con cui ogni giorno siamo costretti a scontrarci all’interno di un sistema prettamente capitalista.
Il consumo alimentare aveva un ruolo centrale nella costruzione della mia identità, le mie capacità ordinarie fatte di azioni e scelte autonome venivano ordinariamente esercitate e condizionate da questa pratica. I miei hobby, le mie giornate, la birretta in più o in meno con gli amici dopo una giornata in biblioteca, erano mediate in gran parte dalle scelte al supermercato. “Questa settimana voglio andare al cinema e ho una cena con amici, magari risparmio un po’ di più sulla qualità e la varietà del cibo” oppure la classica esclamazione: “Ho finito i soldi! Inizia la settimana di pasta in bianco.” Degli esempi banali ma veritieri, in grado di esprimere quanto il cibo e le mie attività quotidiane si influenzassero a vicenda.
La verdura e la frutta erano tra le prime cose che venivano tagliate dalla mia spesa, per la loro breve durata ed il loro costo in molti casi elevato, lasciando maggior spazio ai classici pacchi di pasta e di riso a riempire la dispensa. Tutto ciò mi sembrava una costante che si sarebbe reiterata per tutta la durata del mio percorso universitario, ma fortunatamente mi sbagliavo.
Il cambio radicale delle mie abitudini alimentari l’ho avuto proprio quest’anno con l’approdo a Torino per la magistrale. Fin da subito rimasi sbalordito dalla quantità di mercati rionali presenti in ogni quartiere e dalle dinamiche che si svolgevano al loro interno. La mia attenzione, a questo punto, non poté che ricadere sul mercato di Porta Palazzo. Dopo alcuni dialoghi con degli amici e qualche ricerca online che lo presentavano come uno dei mercati all’aperto più grandi d’Europa, pieno di curiosità presi la bici e mi precipitai a Piazza della Repubblica. Dal quel momento in poi Porta Palazzo diventò il fulcro della mia mappa mentale di Torino ed un contesto che entrò a far parte della mia routine settimanale, in grado di condizionare anche tutte le altre mie attività giornaliere.
L’approccio iniziale, quasi da turista, fu subito catturato dal luogo: i colori, gli odori, il vociare e la “transumanza” di persone che richiamava il mercato, mi lasciarono immediatamente sbalordito, ma ciò che cambiò tutto fu il prendere visione e contatto con le pratiche degli “skippers”, i recuperatori.
Con l’avvicinarsi dell’orario di chiusura vedevo questi ragazzi, in gran parte neri con i loro gilet rossi, attivarsi nel recuperare frutta e verdura ancora edibile dai vari venditori, per poi redistribuirla ad alcune persone che aspettavano il proprio turno con in mano un numerino. Quella pratica, ovviamente, attirò istantaneamente l’attenzione mia e dei miei coinquilini così da farci decidere di tornare il giorno seguente per avere qualche informazione in più.
Da lì in poi iniziammo a ricevere una cassetta di frutta e verdura senza pagare nulla, se non con un po’ del nostro tempo, rendendoci sempre più consapevoli di quanto quella pratica ci arricchisse da ogni lato. Cominciai a conoscere il progetto di Re-Popp, fondato sui concetti dell’economia circolare, e conobbi anche gli Ecomori o Sentinelle dei rifiuti, i precedenti gilet rossi, rifugiati e richiedenti asilo ed attori principali del progetto; ragazzi fantastici, sempre disponibili ad aiutare chiunque.