Allarme smog degli aeroporti, a rischio la salute di 52 milioni di persone | Il nuovo studio di T&E

La ricerca, condotta da CE Delft, stima che, l'esposizione alle particelle ultrafini prodotte dal traffico aereo, possa essere associata a 280.000 casi di ipertensione, 330.000 casi di diabete e 18.000 casi di demenza in Europa. Lo studio ha estrapolato i casi di queste malattie intorno all'aeroporto di Amsterdam Schiphol e fornisce la prima stima in assoluto degli effetti sulla salute legati all'avizione negli UFP in Europa

smog aeroporti

Una nuova ricerca condotta da CE Delft e commissionata da T&E ha scoperto che ben 52 milioni di persone – oltre il 10% della popolazione europea totale – vivono entro un raggio di 20 km dai 32 aeroporti più trafficati d’Europa, risultando particolarmente esposti allo smog delle particelle ultrafini emesse dal traffico aereo. A Parigi, una delle città incluse nello studio, ben 8 milioni di persone sono potenzialmente colpite dalle emissioni dei suoi due principali scali, Charles de Gaulle e Orly.

L’esposizione a particelle ultrafini (UFP) è stata collegata allo sviluppo di gravi condizioni di salute a lungo termine, tra cui problemi respiratori, disturbi cardiovascolari e complicazioni in gravidanza.

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La ricerca stima che l’esposizione a queste particelle possa essere associata a 280.000 casi di ipertensione, 330.000 casi di diabete e 18.000 casi di demenza in Europa. Lo studio si basa sull’analisi dei casi segnalati intorno all’aeroporto di Amsterdam Schiphol e fornisce la prima stima in assoluto sugli effetti sulla salute legati alle particelle ultrafini prodotte dal traffico aereo in Europa.

Le particelle ultrafini destano particolare preoccupazione perché penetrano in profondità nel corpo umano, essendo state rinvenute nel sangue, nel cervello e nella placenta. Le UFP hanno un diametro inferiore a 100 nanometri, circa 1.000 volte più piccole di un capello umano. Ad oggi, non esiste alcuna normativa sui livelli di sicurezza per le particelle ultrafini nell’aria, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità le abbia classificate come inquinanti emergenti di rilevanza critica già da oltre 15 anni.