Sla, scoperto come lo smog danneggia i neuroni

L'inquinamento atmosferico, specie se causato dalle particelle più piccole, induce nel cervello delle alterazioni come quelle caratteristiche della sclerosi laterale amiotrofica (Sla). È quanto emerge da uno studio condotto nell'ambito di Mnesys, progetto di ricerca italiano che si pone l'obiettivo di sviluppare nuovi approcci per le neuroscienze, concepito dall’Università degli Studi di Genova e partecipato da altri 11 atenei

L’inquinamento atmosferico, specie se causato dalle particelle più piccole, induce nel cervello delle alterazioni come quelle caratteristiche della sclerosi laterale amiotrofica (Sla). È quanto emerge da uno studio condotto nell’ambito di Mnesys, progetto di ricerca italiano che si pone l’obiettivo di sviluppare nuovi approcci per le neuroscienze, concepito dall’Università degli Studi di Genova e partecipato da altri 11 atenei.

Gia’ altri studi avevano rilevato un legame fra inquinamento e Sla, spiega Tullio Florio, ordinario di Farmacologia all’Università di Genova e coordinatore dello Spoke 6, uno dei sotto-progetti in cui è articolato Mnesys che ha presentato i dati a Napoli nell’ambito del primo Forum sulle neuroscienze. Meno chiaro era come ciò avvenisse

Una risposta è arrivata ora da una ricerca dell’Università Federico II di Napoli. “Il nostro studio ha esplorato la connessione tra l’esposizione a smog e la Sla indagando alcuni meccanismi molecolari che causano la perdita dei motoneuroni, cioè di tutti quei neuroni localizzati all’interno del sistema nervoso centrale che hanno la funzione di controllare direttamente o indirettamente i muscoli e il loro movimento”, spiega Agnese Secondo, professoressa di Farmacologia dell’Università Federico II di Napoli. “Dallo studio è emerso come PM0.1 e NP20, particelle di dimensioni ultrafini e nanometriche, siano in grado di indurre una forma di neurodegenerazione simile alla Sla, caratterizzata dalla disfunzione e disregolazione di proteine essenziali per la sopravvivenza neuronale”, prosegue l’esperta. La scoperta, conclude, “sarà utile per l’identificazione di bersagli molecolari verso cui indirizzare nuovi possibili farmaci“, conclude Florio.