È notizia di questi giorni che i magistrati della Procura della Repubblica, partiti da un esposto presentato nel 2017 dal presidente del Comitato Torino Respira, Roberto Mezzalama, hanno ipotizzato il reato di inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.) a carico degli amministratori pubblici regionali e comunali che si sono succeduti dal 2015 al 2019 (Chiamparino, Fassino e Appendino. A questo proposito vale la pena di leggere con attenzione i seguenti due articoli e la breve nota autobiografica seguente. Quando da assessore all’Ambiente del comune di Torino chiesi al PM Parodi di aprire possibilmente una procedura “contro” di me.
Il primo articolo è firmato nientepopodimeno che da Marco Travaglio, allora cronista torinese di Repubblica, e fu pubblicato il 21 settembre 2001.
La procura chiude l’inchiesta sull’inquinamento a Torino, ne chiede l’ archiviazione ma avanza un’ipotesi drammatica
“Ogni anno 500 vittime Così lo smog uccide”
Sotto accusa le micropolveri. La soglia del cosiddetto “obiettivo qualità” è di 40 microgrammi a metro cubo. In città è invece a 70 La conclusione dopo due anni di lavoro è dello staff di tre epidemiologi milanesi
Marco Travaglio
A Torino l’ inquinamento da micropolveri miete almeno 500 morti all’anno. Di questi, 200 si potrebbero evitare se le amministrazioni competenti (anzitutto il Comune e il governo nazionale, ma anche in misura minore la Provincia e la Regione) facessero tutto quanto è in loro potere per far rispettare i valori massimi fissati dai decreti antismog del 1994, del ‘98 e del ‘99. Il nemico pubblico numero uno per la salute, nell’aria che respiano i torinesi, è il micidiale «PM10» (micropolveri, o polveri sottili). La soglia del cosiddetto «obiettivo qualità» dell’aria, per il PM10, è di 40 microgrammi per metro cubo. Ma a Torino — maglia nera, insieme a poche altre città — il valore medio è quasi il doppio: 76 microgrammi. Il «delta» dei decessi per malattie da smog (soprattutto polmonari) che si eviterebbero ogni anno se il Pm10 scendesse sotto i 40 è spaventoso: si salverebbero perlomeno 200 vite umane. Lo sostiene lo staff di tre epidemiologi dell’istituto tumori di Milano, guidato dal professor Paolo Crosignani, incaricati dal sostituto procuratore Cesare Parodi di analizzare l’aria di Torino e trarne le conseguenze sulla salute dei cittadini. L’ inchiesta, aperta due anni fa in seguito alle denunce di comitati spontanei e associazioni di consumatori, ipotizzava i reati di omicidio colposo, lesioni colpose, getto pericoloso di cose (in questo caso, le micropolveri e le altre sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera) e omissione di atti d’ufficio. In questi due anni, mentre i consulenti lavoravano, il pm Parodi ha ascoltato come testimoni una decina di pubblici amministratori, fra i quali gli ultimi assessori all’Ambiente (compreso Paolo Hutter). Perché proprio sulla pubblica amministrazione si appuntavano e quattro ipotesi di reato, seppure mai formalizzate con iscrizioni nel registro degli indagati. Ora, affiancato dal procuratore aggiunto Mario Griffey, Parodi ha deciso di chiedere l’archiviazione dell’inchiesta. E non perché non vi fosse materia d’ accusa, almeno a livello colposo, anzi: nonostante gli sforzi e le misure degli ultimi anni (la Procura le riconosce come preziosi sforzi per migliorare la situazione ed elogia perlomeno la serietà e l’attendibilità dei sistemi di rilevamento nella città di Torino), resta il fatto che i limiti di legge continuano ad essere violati. Il fatto è che i decreti che regolano la materia sembrano fatti apposta per assicurare l’impunità a chi li viola: prevedono, sì, dei limiti massimi per il PM10, ma non specificano a quali sanzioni vada incontro chi non riesce a farli rispettare. «Abbiamo studiato la giungla normativa — spiegano Griffey e Parodi — e ne abbiamo dovuto concludere che non esiste una cogente obbligazione per i pubblici amministratori di raggiungere il risultato di qualità, che pure le norme indicano con parametri chiarissimi». Insomma, basta attivarsi, con misure anche largamente insufficienti, per evitare conseguenze penali. Ma così si accetta un «costo sociale» elevatissimo: 300 morti all’ anno, provocati dal PM10 sotto i 40 microgrammi, sacrificati sull’altare dell’economia. E, quel che è peggio, non si fa nulla per tagliare almeno i microgrammi fuorilegge, in esubero. Che a Torino sono ben 30, con altre 200 vittime. Il nesso causale fra inquinamento e decessi o malattie è un altro dei delicati problemi affrontati dalla consulenza: ma gli esperti del pm non hanno dubbi che esso esista, se non come «causa diretta», almeno come «concausa primaria». E puntano il dito soprattutto contro le micropolveri, provocate prevalentemente dal traffico automobilistico. «Il nostro lavoro è stato comunque utile — dicono gli inquirenti — in futuro non si parlerà più di smog in termini generici».
L’articolo che segue è invece sostanzialmente il comunicato di Torino Respira apparso il 22 luglio 2023:
Il Comitato Torino Respira ha appreso che la Procura della Repubblica ha emesso l’avviso di chiusura delle indagini preliminari nell’ambito del procedimento scaturito da un esposto presentato nel 2017 dal presidente del Comitato Torino Respira, Roberto Mezzalama, finalizzato ad accertare se la situazione di grave inquinamento atmosferico che affligge da anni la nostra città abbia rilevanza anche di carattere penale.
I magistrati della Procura della Repubblica hanno ipotizzato il reato di inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.) a carico degli amministratori pubblici regionali e comunali che si sono succeduti dal 2015 al 2019 (Chiamparino, Fassino e Appendino, ndr), recependo pertanto l’impostazione giuridica avanzata dagli avvocati di Torino Respira nell’esposto originario e nelle numerose memorie depositate nel corso di questi anni.
“La Regione Piemonte e il Comune di Torino, titolari di una posizione di garanzia in materia di tutela della qualità dell’aria, non hanno adottato negli anni misure adeguate a raggiungere il rispetto dei valori limite di concentrazione degli inquinanti nell’aria previsti dalla normativa vigente, peraltro molto meno rigorosi di quelli suggeriti sin dal 2005 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tale condotta, essenzialmente di carattere omissivo, ha concorso a cagionare la grave situazione di inquinamento che affligge l’aria di Torino e può integrare, così come ora ipotizzato anche dalla Procura della Repubblica, il reato di inquinamento ambientale introdotto dal legislatore nel 2015, che prevede una responsabilità anche a titolo colposo”, afferma l’avvocato Marino Careglio, che con il collega Giuseppe Civale assiste il Comitato Torino Respira in questa azione legale.
All’avviso di conclusione delle indagini preliminari potrebbe seguire la richiesta, da parte della Procura della Repubblica, di un rinvio a giudizio con la conseguente fissazione di un’udienza preliminare, nella quale Torino Respira chiederà di costituirsi parte civile per dare il proprio contributo all’approfondimento degli aspetti di carattere ambientale e giuridico della vicenda.
“Torino Respira usa il diritto per tutelare l’ambiente – commenta Roberto Mezzalama – in particolare per salvaguardare il diritto di ciascun cittadino e cittadina a respirare aria pulita, e continuerà a lavorare in questa direzione. Torino Respira sta anche affiancando, dal novembre 2022, l’azione legale contro la Regione Piemonte promossa da Chiara, insieme al compagno, nell’interesse del loro figlio di sei anni affetto da problemi respiratori causati dall’inquinamento atmosferico. In questo senso, guardiamo con interesse gli sviluppi dell’indagine rispetto alla posizione della Giunta regionale che si è insediata nell’estate del 2019”.
Nota personale
Non sarebbe giusto commentare questi due pezzi – distanziati di 22 anni – dicendo che siamo rimasti più o meno allo stesso punto e/o che finirà allo stesso modo. In questi ventidue anni lo smog è diminuito, anche se non come avrebbe dovuto, e ultimamente mostra spesso una resistenza che si incrocia coi nefasti cambiamenti climatici. Comunque qualcosa abbiamo fatto, un po’ è diminuito. Da un punto di vista legale la situazione non è più quella del 2001, e il reato di inquinamento ambientale (che non c’era in quei termini) potrebbe davvero essere applicato. Dopo la pubblicazione della notizia che è possibile che si arrivi a un processo, si sono levate alcune voci contro la via giudiziaria, o quella che viene considerata una possibile soluzione “giudiziaria” a un problema “politico”. Il problema è affascinante, investe le questioni fondamentali della democrazia, del consenso, del diritto. Vorrei ricordare però quello che mi sgorgò dal cuore nel breve periodo in cui sono stato assessore all’Ambiente, lo smog era alle stelle, e ovviamente non era facile far passare provvedimenti di limitazione del traffico. Premessa: di tutto ciò si parlava perchè era entrata in vigore una direttiva europea, altrimenti non sarebbe stato un tema, come non lo era negli anni 70 e 80.
Quello che mi sgorgò dal cuore, nel 2000, fu di dire al PM Cesare Parodi, in tono semiserio ma più serio che paradossale: “Se mi mette sotto accusa, o almeno sotto indagine, mi fa solo un favore perchè avrò un argomento formidabile per far approvare dal Sindaco e dalla Giunta provvedimenti più severi”. Sapevo che l’eventuale avviso di garanzia sarebbe arrivato anche al mio Sindaco Valentino Castellani, col quale avevo ottimi rapporti ma che non era verde come me e soprattutto che doveva barcamenarsi tra tutti gli equilibri della città. Evidentemente Parodi ritenne di non avere gli strumenti per quel “colpo di teatro”. Come dicevo, il dibattito può essere complesso. Non credo nè auspico che i sindaci e gli assessori sul cui operato si indaga pagheranno personalmente per lo smog. Ma se un Sindaco viene condannato perchè non ha disposto bene le transenne di un raduno di tifosi, (cosa che mi lascia un po’ perplesso) non è così strano che debba rispondere sullo smog. E se invece di sentirsi esposti solamente alle proteste del “polo della Marmitta” ci si sente tra l’incudine e il martello perchè magari interviene la magistratura, forse è meglio per tutti.