Siccità. Una parola vecchia che a pronunciarla asciuga già la bocca. Una parola che evoca paure che pensavamo di aver domato. Ma non è così. La gravissima crisi climatica in atto ha tolto il velo ad una situazione insostenibile che è indispensabile affrontare con decisione. L’Italia è un Paese che ha fatto dell’acqua un triste esempio della propria incapacità di gestire con intelligenza un bene cruciale per la nostra stessa sopravvivenza e per il nostro benessere.
Nonostante gli allarmi continui del mondo scientifico non abbiamo imparato a rispettare i sistemi naturali che la conservano, la trattengono e la rendono disponibile per l’uso umano, aiutandoci ad adattarci a cambiamenti che ormai fanno parte della nostra quotidianità. L’abbiamo commerciata, rubata, inquinata, sprecata, ed ora siamo costretti a inseguire un’emergenza che si avvita su sé stessa.
Proviamo a percorrere i dati essenziali dell’acqua in Italia e i principali errori del nostro Paese, che il WWF definisce veri e propri “peccati capitali”.
L’acqua disponibile. Il nostro Paese potenzialmente è tra i più ricchi d’acqua. Mediamente le precipitazioni ammontano a circa 300 miliardi di metri cubi ogni anno, ovvero tra le più elevate in Europa e nel mondo; la disponibilità effettiva di risorse idriche è, secondo alcune stime, di 58 miliardi di metri cubi. Di questi, quasi i 3/4 provengono da sorgenti superficiali, fiumi e laghi, mentre il 28% da risorse sotterranee (falde non profonde). Purtroppo questa disponibilità si sta progressivamente riducendo e si assiste a un generale decremento del volume annuale di acqua che defluisce a mare. Ad esempio se mettiamo a confronto il periodo 2001-2019 con il precedente periodo 1971-2000, si registra una riduzione di portata per il Tevere del 15% e di oltre l’11% per il Po.
L’acqua prioritaria. Ci sono usi dell’acqua assolutamente prioritari: dobbiamo garantire l’acqua da bere, per l’uso civile, per la produzione di cibo, per mantenere il funzionamento ecologico degli ecosistemi. Ecco quindi che diventa cruciale, per favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, rivedere la distribuzione dell’acqua per i vari utilizzi (civile, agricolo, industriale, ricreativo, etc.) a fronte della sua minor disponibilità. Bisogna anche evitare alcuni usi che non ci possiamo permettere. Un esempio per tutti: ancora oggi lo sviluppo del turismo in montagna si basa in larga parte sullo sci e sull’innevamento artificiale, neve sparata dai cannoni che sottrae milioni di metri cubi d’acqua all’anno ad altri usi più urgenti e cruciali.
L’acqua sprecata. La risorsa idrica viene dispersa in una rete di distribuzione colabrodo: ogni cento litri immessi nella rete di distribuzione ben 42 vanno persi e non arrivano ai rubinetti delle case. Gli italiani inoltre consumano, ma forse sarebbe meglio dire “sprecano”, più acqua di tutti gli europei: circa 120-150 metri cubi in media per ogni famiglia in un anno, con un consumo medio giornaliero individuale di circa 220 litri d’acqua al giorno.
L’acqua prosciugata. I corsi d’acqua in Italia, vere e proprie arterie di un sistema che raccoglie e rende disponibile l’acqua su tutto il territorio, sono stati canalizzati e cementificati, dragati e sbarrati; sono state ridotte le aree naturali di esondazione, distrutte le fasce riparie costituite da boschi e zone umide, che creano quella vitale “spugna” che favorisce la ritenzione delle acque e la ricarica delle falde durante le piene, rilasciandola progressivamente durante i periodi di siccità e contribuendo ad attenuare gli effetti straordinari dei cambiamenti climatici. Come se non bastasse abbiamo bonificato e cancellato il 66% delle zone umide, cruciali per i servizi ecosistemi che garantiscono e per mitigare gli effetti nefasti della crisi climatica.
L’acqua mal governata
Purtroppo il frazionamento della gestione dell’acqua tra numerosi enti è alla base della mancanza di un’adeguata pianificazione della risorsa idrica. La Direttiva quadro Acque (2000/60/CE) individua nelle Autorità di bacino distrettuali gli enti che dovrebbero garantire una visione unitaria e gli indirizzi per una gestione sostenibile dell’acqua. Da anni questi enti sono marginalizzati e le Regioni controllano direttamente la gestione del rischio idrogeologico, gran parte delle concessioni d’uso e le politiche agricole, senza coordinarsi tra di loro e perdendo una indispensabile visione a livello di bacino idrografico.
L’acqua inquinata
La disponibilità complessiva dell’acqua dipende anche dal modo con cui questa viene utilizzata e rilasciata poi nell’ambiente. In alcune aree d’Europa, il solo inquinamento causato da pesticidi e fertilizzanti utilizzati in agricoltura, rimane una delle cause principali della scarsa qualità delle acque, che diventano quindi non più disponibili. Anche in questo caso la situazione in Italia non è delle migliori come ha evidenziato Ispra che ha trovato 299 sostanze inquinanti nelle acque interne campionate; sono stati trovati pesticidi nel 77,3% dei siti di monitoraggio e nel 32,2% in quelle sotterranee.
L’acqua salata
La drammatica situazione di siccità ha determinato un abbassamento del livello d’acqua del Po, il più grande fiume d’Italia che fornisce acqua a territori intensamente coltivati. La riduzione drastica delle portate, unita a un progressivo abbassamento dell’alveo del fiume, contribuisce alla risalita del cuneo salino (acque marine) che in questi giorni è avanzato di ben 21 km. Le acque salate rischiano così di compromettere l’irrigazione di colture già stressate dalla siccità.
COSA FARE PER AFFRONTARE LA CRISI:
Ispirarci a quello che la natura ha sempre fatto: sfruttare il funzionamento degli ecosistemi per trattenere l’acqua, renderla disponibile e ricaricare le falde. Oggi si chiamano NBS (Nature Based Solution), ovvero soluzioni ispirate alla natura.
Rinaturalizzare e ripristinare il funzionamento ecologico dei fiumi, aumentando la capacità di assorbimento delle fasce ripariali. Rigenerare le zone umide, veri bacini naturali di raccolta d’acqua, che a differenza dei bacini artificiali non interrompono il ciclo dell’acqua aumentando lo stress idrico.
Proteggere: il suolo, le foreste naturali e tutte le zone umide rimaste che hanno il compito cruciale di ricaricare le falde freatiche, combattendo in tutti i modi l’impermeabilizzazione e il consumo dei suoli che in Italia avanzano al ritmo di 16 ettari al giorno.
Ridare centralità alle Autorità di Bacino perché ci sia una regia unica che programmi gli usi dell’acqua in base alla reale situazione della risorsa e alle priorità, in un’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici.
Rivedere le concessioni idriche dando priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente evitando utilizzi ormai impropri o obsoleti, come per la neve artificiale.
Combattere lo spreco e incentivare in tutti i modi il risparmio. Prima avviamo questa strada meno ne soffriranno le nostre vite e la nostra economia.
Rimane prioritaria la necessità non procrastinabile, richiamata anche nell’ultimo rapporto dagli scienziati dell’IPCC, di abbattere rapidamente le emissioni di gas climalteranti, per scongiurare il pericolo di un clima che renda impossibile l’adattamento della Natura come la conosciamo e, in particolare, della specie umana.