Dal Ministero dell’Ambiente arriva un importante chiarimento sulla disciplina che regola la diffusione dei sacchetti di plastica non a norma. Ad essere punita è la loro commercializzazione, chiarisce il MASE, ovvero l’effettiva fornitura ai clienti da parte dei venditori, e non la semplice detenzione nei punti vendita.
Il Ministero ha risposto ad un interpello della Regione Emilia-Romagna che aveva richiesto chiarimenti interpretativi circa l’ambito di applicazione del divieto di commercializzazione, previsto dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, che come ricordiamo prevede che possano circolare solo sacchetti biodegradabili e compostabili. La Regione ha chiesto nello specifico al MASE di chiarire se nel divieto di commercializzazione degli shopper rientrino anche gli acquisti di imballaggi effettuati dai commercianti, a prescindere dalla loro cessione a terzi e dalla destinazione o utilizzo degli stessi e quale sia quindi la portata del suddetto divieto.
Il Ministero ha quindi spiegato che “la condotta rilevante al fine dell’applicazione della sanzione, la norma si riferisce alla fornitura delle borse di plastica non rispondenti alle specifiche caratteristiche individuate dalla disciplina. I termini utilizzati dal legislatore per individuare la condotta punibile appaiono dunque riferibili ad un’azione attiva svolta da uno soggetto (produttore, distributore o commerciante nei punti vendita) finalizzata a fornire l’imballaggio (buste di plastica non conformi), a titolo oneroso o gratuito, ad un qualsiasi altro soggetto”.