Secondo l’Osservatorio Pedoni di Asaps (Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale), dal 1 gennaio al 1 ottobre in Italia si sono registrati ben 318 decessi tra i pedoni: 206 uomini e 112 donne, 160 avevano più di 65 anni.
La situazione è molto delicata in tutto il Paese. Come non citare, ad esempio, la manifestazione “Basta morti in strada” che si è tenuta proprio lo scorso 21 settembre a Milano, dove i partecipanti hanno chiesto per l’ennesima volta di adottare misure adeguate a garantire maggior sicurezza. A Roma invece vengono investite mediamente quattro persone al giorno, un dato spaventoso.
Proprio sulla Capitale abbiamo incentrato la nostra intervista con Francesca Chiodi, referente del Movimento Diritti dei Pedoni, che ci ha raccontato l’impegno che il Movimento sta portando avanti e quali sono le problematiche a cui l’amministrazione capitolina dovrebbe trovare la soluzione in termini di sicurezza stradale per le persone a piedi.
“Nato all’inizio del 2023, il Movimento Diritti dei Pedoni ha iniziato le sue attività con l’esigenza di colmare il vuoto che aleggia intorno ai temi della sicurezza, visione, narrazione e tutela dei diritti e dignità delle persone che scelgono di spostarsi a piedi – ci spiega Francesca Chiodi -. Lo dimostrano i dati, orribili, delle morti sulle nostre strade. Ma anche le misure troppo timorose messe in atto per prevenire il conflitto stradale e la realtà dei nostri spazi pubblici, spesso carenti e inaccessibili. Ciò riguarda tutti noi, perché qualsiasi sia il nostro mezzo di trasporto prevalente siamo tutti pedoni”.
“Per questo motivo, le nostre attività si muovono in tre direzioni – continua Francesca Chiodi -. La prima è informare. Ci sono degli aspetti disconosciuti tra cui il fatto che la sicurezza stradale è un tema di salute pubblica e come tale va affrontato. Inoltre, abbiamo normative e anche risoluzioni del Parlamento Europeo, come la Carta Europea dei Diritti del Pedone, poco note ma che definiscono il perimetro delle tutele per chi cammina. Siamo noi i primi a sentirci degli intrusi negli spazi stradali per una deformazione culturale, ma non è così. La seconda direzione è attivare cittadini e realtà civiche. Abbiamo organizzato un primo Walking Lab Urbano a Roma e ne stiamo programmando altri, per analizzare le criticità di un dato percorso per le utenze pedonali, incluse le più fragili, con invito ufficiale ai referenti amministrativi. La terza direzione è dialogare con le istituzioni. Ci vogliamo porre come interlocutori sui temi di walkability e sicurezza stradale. Siamo interessati a collaborare in modo interdisciplinare con esperti, urbanisti e ricercatori, per innescare un cambiamento che in altri Paesi è già avvenuto”.
Quali sono le caratteristiche di Roma rispetto ad altre città dal punto dei pedoni?
“Roma è un ‘laboratorio perfetto‘ per capire quanto siamo indietro nella tutela della mobilità pedonale in Italia. Si dice che è una città speciale, spesso come alibi per non agire. Sicuramente ha un’eredità storica unica. Non solo monumentale, ma nel non essersi saputa trasformare nel tempo per intercettare i bisogni di mobilità delle persone. Oggi a Roma e nel Lazio è in atto una guerra stradale. Il Codice della Strada non viene applicato, non c’è manutenzione della segnaletica, i conducenti di auto sfrecciano a 100 km/h tra un semaforo e l’altro, impuniti. È la culla della nostra ‘cultura motonormativa’, per cui se sei alla guida di un mezzo a motore hai privilegi speciali, a discapito di qualunque altro tipo di mobilità. Roma eredita anche scelte urbanistiche miopi. Alcune aree, non solo periferiche, sono separate da muri e necessitano letteralmente di essere ricucite. La pedonalità è il collante di tutta la mobilità urbana, per cui si capisce che occorrono misure di sistema coraggiose, che oggi non vediamo“.
Aggiunge Chiodi: “Noi crediamo che l’amministrazione capitolina, con il supporto delle Forze dell’Ordine e degli uffici tecnici, abbia tutti i dati necessari per stabilire strade e zone critiche su cui intervenire. Dati di mobilità, di incidentalità, traffico, situazione delle infrastrutture. In città la moderazione della velocità e una rete reale, sicura e accessibile di mobilità attiva, dovrebbero essere garantite. Per avere meno morti e feriti sulle strade, ma anche per tutelare il sacrosanto diritto di andare a piedi o in bici. Ma attenzione: c’è anche una domanda inespressa di mobilità su cui intervenire per garantire ad esempio l’accesso a servizi essenziali come scuole, ospedali, stazioni. I cittadini non possono essere costretti a fare 1 km in auto perché manca il marciapiede”.