Roma, il progetto del biodigestore di Casal Selce tra proteste e ricorsi: parlano i comitati

Eco dalle Città ha intervistato i Comitati locali che attraverso ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato contestano l'area dell'impianto, considerata di rilevante valore paesaggistico e agricolo, e la violazione di alcune normative europee. Le preoccupazioni riguardano anche i rischi legati alla vicinanza con le abitazioni, i pozzi privati e l'impatto sul sito adiacente Natura 2000. Vicino, poi, c'è anche la più grande discarica d'Europa: Malagrotta. Oggetto di protesta anche la mancanza di un adeguato processo partecipativo e la gestione delle gare d'appalto

Credit foto: Comitato Difendiamo Casal Selce

Nel dibattito sulla gestione rifiuti nella Capitale, oltre al discusso impianto di incenerimento, emergono anche due biodigestori anaerobici previsti dal Piano comunale per la trasformazione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) in biometano e biogas per i trasporti, oltre a produrre compost per l’agricoltura. I due impianti, che sorgeranno a Casal Selce e Cesano a nord ovest di Roma, avranno una capacità complessiva di circa 200.000 tonnellate e comportano un investimento di circa 59 milioni ciascuno.

Finanziati dal DL Aiuti Quarter con Ama come soggetto attuatore, lo scorso agosto hanno visto assegnare gli appalti per la loro realizzazione. Le società vincitrici sono Ladurner Srl e Atzwanger SpA, aziende altoatesine specializzate nel trattamento di rifiuti e acque reflue, che collaboreranno con Edil Moter Srl e Tecnologie Ambientali Srl per la progettazione esecutiva, la costruzione, la gestione e la manutenzione per un anno.

Dopo l’assegnazione delle gare, gestite da Invitalia, il Campidoglio ha annunciato una fase di progettazione di 120 giorni, con l’avvio dei cantieri previsto per il 2025 e la conclusione dei lavori stimata per il quarto trimestre del 2026.

Per il sindaco Roberto Gualtieri “gli impianti porteranno un contributo molto importante per la risoluzione di un problema che per troppo tempo ha rappresentato una periodica e ricorrente emergenza”. Ma su questo cittadine e cittadini denunciano diverse criticità, sollevando interrogativi che partono in primis dalla mancanza di un coinvolgimento pubblico nel processo decisionale. A questo riguardo, non sono mancate le contestazioni nei confronti delle scelte dell’amministrazione capitolina. Tra le più recenti, la manifestazione fuori dal Campidoglio il 7 dicembre scorso e l’ennesimo tentativo di ottenere un incontro, partecipando all’Assemblea consiliare del 19 dicembre.

La nascita del Comitato Difendiamo Casal Selce e l’avvio dei ricorsi

È soprattutto il biodigestore di Casal Selce a creare i maggiori problemi. In un’intervista rilasciata ad Eco dalle Città, Domenico Raza, presidente del Comitato Difendiamo Casal Selce, e una referente dello stesso gruppo spiegano che “una volta nominato Commissario Straordinario, Roberto Gualtieri ha individuato un’area tutelata come paesaggio agrario di rilevante valore. Nel mandato come Commissario, però, è ben indicato il limite di osservare le leggi comunitarie e la legge di tutela del paesaggio”.

“Regolarmente iscritti all’Agenzia delle Entrate come associazione, a dicembre 2023 abbiamo fatto ricorso al Tar. Oltre a noi e al Forum Ambientalista Nazionale – continuano -, hanno presentato ricorso anche il Codacons e persone legate ad un condominio di 400 ville molto più vicine di noi al futuro biodigestore. Il Tar ha respinto le nostre contestazioni, quindi, ci siamo appellati al Consiglio di Stato e proprio il 20 dicembre c’è stata la seconda udienza. In questa sede abbiamo anche chiesto una pregiudiziale, ossia il rinvio alla Corte di Giustizia Europea perché riteniamo che siano state violate alcune normative europee, tra cui il regolamento DNSH, Nature Restoration Law e direttiva Habitat. Se il Consiglio non dovesse accettare la nostra pregiudiziale, allora faremo noi un ricorso alla Corte”.

Cosa dicono le normative italiane e europee

I Comitati contestano la scelta dell’area destinata alla costruzione del biodigestore e gassificatore perché si trova nell’Agro romano occidentale – lungo via Aurelia e via di Casal Selce – ed è stata dichiarata come area di notevole interesse pubblico. A sancirlo è la deliberazione n. 649 del 2014 della Regione Lazio, che ha sottoposto il territorio a tutela paesaggistica ai sensi dell’art. 136 del Decreto Legislativo n. 42/2004. In particolare, l’area è classificata come “Paesaggio Agrario di Rilevante Valore” ed è vincolata anche nella revisione 2021 del PTPR Lazio (Piano Territoriale Paesaggistico Regionale) che, a pag 68 vieta nuovi impianti di trattamento rifiuti in queste zone. Inoltre, le particelle interessate all’esproprio, nella mappa progettuale di AMA vengono identificate come “terreno seminativo”.

“Ad oggi – spiega Raza – è già stata tolta la possibilità ai contadini di fare la semina per consentire gli scavi archeologici”.

In più, i Comitati si appellano anche al Regolamento Europeo DNSH (Do No Significant Harm) che vieta la costruzione di impianti di rifiuti su terreni coltivati alla produzione alimentare. Lo stesso Regolamento impone, poi, la “Valutazione di incidenza” (VINCA) per gli interventi che potrebbero impattare i siti Natura 2000 (la rete ecologica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità terrestre e marina). L’impianto, infatti, si troverebbe proprio vicino ad un sito vincolato come tale.

Un altro Regolamento Europeo tirato in ballo è quello riguardante il “Ripristino della natura” (Nature Restoration Law). Questo impone la trasformazione dei siti dismessi e industriali in aree naturali o agricole. Di conseguenza, i Comitati si chiedono: “Perché trasformare un terreno agricolo in un’area industriale? Lo stesso Regolamento, inoltre, prevede che in prossimità di siti Natura 2000 debbano essere cercate delle alternative”.

I siti Natura 2000 e la Direttiva Habitat

A circa 1 km dall’area del biodigestore c’è la riserva naturale del Litorale Romano e un’oasi della Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) – continua la referente del Comitato Difendiamo Casal Selce -. Si tratta di un sito Natura 2000 per il quale andrebbe fatto uno studio nel raggio di 5km e valutare siti alternativi: noi gliene abbiamo presentati 32. Tuttavia, non è stata fatta neanche la VINCA come stabilito dalla direttiva Habitat (che regola i siti Natura 2000). Anzi, piuttosto che indagare eventuali danni alla fauna della zona, è stato dichiarato che in quell’area non ci sono uccelli. Per questo, abbiamo fatto fare anche uno studio ornitologico che abbiamo depositato agli atti e che indica che qui nidificano gli uccelli migratori”.

Nello specifico, si tratta dell’Oasi Lipu di Castel di Guido che si trova all’interno dell’area Macchiagrande di Ponte Galeria e che, oltre a far parte della rete Natura 2000, è anche soggetta alla Direttiva Uccelli e designata come ZPS – Zona di protezione Speciale. Parliamo di un’area protetta che ospita uccelli in via di estinzione e che, come denunciano i Comitati, non è stata considerata. Infatti, secondo la Direttiva Habitat andrebbe considerata anche l’incidenza di progetti situati fuori dal sito protetto.

“L’Atlante degli Uccelli Nidificanti del Lazio, pubblicato dall’Agenzia Regionale per i Parchi del Lazio, ha messo in evidenza una comunità ornitica ancora particolarmente ricca nei territori dell’Agro Romano Occidentale e di elevato interesse nelle vicine Zone di Protezione Speciale (Macchia Grande Ponte di Galeria)”, si legge nella Relazione Ornitologica commissionata dai comitati.

La vicinanza biodigestore di Casal Selce con le abitazioni e il problema pozzi

“Il discorso dei 32 siti alternativi che abbiamo individuato è anche legato alla vicinanza dell’impianto con le abitazioni – spiega Raza -. Abbiamo fatto fare delle perizie e, dall’area del cantiere che è stato recintato per fare gli scavi archeologici, la distanza minima dalle abitazioni che ci risulta è di 90 metri. Invece, anche il Regolamento del Comune dice che, costruendo un impianto di rifiuti, la distanza minima deve essere di 500 m da case sparse e di 1 km dal centro abitato. Praticamente, possiamo dire che queste persone si troverebbero a vivere nel biodigestore. In più, oltre alle abitazioni, nelle vicinanze ci sono diversi servizi tra cui una scuola materna a 600 m, una Rsa, il centro abitato con le ville a 600 m e numerose Aziende agricole dell’Agro Romano“.

“Che poi – continua Raza – l’impianto emette una serie di rumori, odori e quant’altro. Ma soprattutto, l’impianto è pericoloso perché produce biogas: ha 4 enormi serbatoi che potenzialmente possono esplodere. Nel ricorso abbiamo citato questa evenienza portando l’esempio di quanto accaduto qualche mese fa a Londra dove, a causa di un fulmine, è esploso un impianto che aveva la stessa tecnologia che avrà quello di Casal Selce. Ha distrutto tutto nel raggio di 5 km”.

“Inoltre – puntualizza – le case che si trovano a 90 metri sono servite dai pozzi e non sono serviti di acqua diretta comunale. I pozzi sono tutti dichiarati al Comune che quindi sa bene della loro presenza. Tuttavia, la sentenza della Corte Costituzionale n. 215 (9 ottobre – 26 novembre 2018) vieta la realizzazione di impianti rifiuti a una distanza inferiore di 3.000 da pozzi di questo genere

Malagrotta e gli impianti industriali ad alto rischio di “Incidente rilevante”: i rischi per la salute e l’ambiente

“Quest’area è una zona sottoposta a tutela. Noi dall’altro lato dell’Aurelia, a circa 2 km abbiamo anche la discarica di Malagrotta che per cinquant’anni ha inquinato e continua ad inquinare perché ancora non è bonificata. Li sotto ci sono ancora km di immondizia che ancora continuano ad inquinare con pergolato e gas, ecc. In merito a questo, è importante sottolineare che, in conformità con le prescrizioni europee, non è consentita l’installazione di impianti per il trattamento dei rifiuti nella Valle Galeria. Questo perché la Valle attraversa il nostro territorio, oltre a comprendere la zona di Malagrotta”, spiega la referente del Comitato.

I danni per la salute sono stati evidenziati da uno studio dell’ERAS (Epidemiologia Rifiuti Ambiente Salute) Lazio – precisa Raza – e, infatti, nel 2021 il Comune di Roma ha imposto un vincolo restrittivo proprio nella Valle Galeria. Questo studio comprende automaticamente il nostro territorio, dato che copre un raggio di 5 km dalla discarica di Malagrotta. I dati mostrano che il tasso di tumori in questa zona è significativamente più alto rispetto al resto di Roma. In più, quest’area ospita la maggior parte degli impianti ad “Incidente rilevante” della Capitale”.

Parliamo di impianti industriali soggetti alla cosiddetta “Legge Seveso III”, la normativa europea volta a prevenire incidenti rilevanti legati all’uso di sostanze pericolose e limitarne le conseguenze per la salute e l’ambiente. Come si legge su un documento del Dipartimento sicurezza e Protezione Civile di Roma, 5 dei 7 stabilimenti soggetti alla “Seveso III” sono ubicati nel Municipio XII (Casal Selce fa capo al Municipio XIII) e sono: ENI S.p.A, Ex Raffinerie di Roma S.p.A., Energas S.p.A, DE.CO s.c.a.r.l., AGN Energie S.p.A. Nel Municipio XIV, invece, è ubicato Papasped s.r.l., mentre nel Municipio IX Acea S.p.A.

Tornando ai rischi per la salute, Raza ha poi continuato: “Noi abbiamo fatto fare un altro studio che abbiamo depositato sia al Tar che al Consiglio di Stato in cui emerge che in quest’area lo stato di salute è già compromesso. Quindi ci chiediamo perché voler insistere qui?”.

Nello studio viene evidenziato come il compostaggio e la digestione anaerobica possono presentare criticità ambientali e sanitarie qualora il materiale in ingresso non rispettasse dei criteri di qualità, rischiando una contaminazione del suolo e della catena alimentare ed emissioni inquinanti in atmosfera. Inoltre, si legge come nella FORSU potrebbero essere presenti dei parassiti e microrganismi patogeni tra cui salmonella, escherichia coli, listeria e clostridi. In più, un altro elemento considerato è la ripercussione del traffico veicolare sulla qualità dell’aria che, a fronte dello studio previsionale di impatto atmosferico di AMA, si quantificano numerosi transiti di veicoli al giorno.

In sintesi, i Comitati chiedono di valutare sia lo studio previsionale di AMA (aggiornato a settembre 2023) che stima 384 transiti giornalieri di veicoli pesanti e leggeri, aggravando la congestione su una strada già sovraccaricata, sia le emissioni interne all’impianto. I Comitati, poi, spiegano che il Dipartimento Ciclo dei Rifiuti del Comune e l’ARPA Lazio hanno evidenziato lacune nella valutazione dell’impatto olfattivo e nella gestione del digestato (residuo del processo di digestione anaerobica), che potrebbe generare quantità eccessive di percolato. Gli stessi enti avrebbero richiesto ulteriori studi e campagne di monitoraggio per mitigare questi problemi. Inoltre, non sarebbe stato condotto nessuno studio sulle acque sotterranee, lasciando aperta la possibilità di inquinamento delle falde in caso di incidenti, con i rischi per i suddetti pozzi privati delle abitazioni circostanti.

Infine, i Comitati premono anche sul valore archeologico della zona. Qui vi sono rinvenimenti che spaziano dall’età etrusca a quella romana, inclusi un asse viario, una villa e due necropoli. L’area, poi, è confinante con il sito di Lorium, sede di importanti ville antoniniane, e con il Museo della Polledrara di Cecanibbio, il più significativo sito paleontologico d’Europa. Nonostante gli investimenti PNRR per valorizzare la zona, per i Comitati non è stato mostrato interesse a tutelarne le peculiarità, che la renderebbero adatta a diventare un parco naturale archeologico, integrando la Tenuta di Castel di Guido e il sito Natura 2000 della LIPU.

La mancata partecipazione pubblica

La scelta dell’area per il biodigestore nasce dalla precedente giunta Raggi, che aveva previsto un impianto aerobico da 50.000 tonnellate, destinato esclusivamente all’essiccazione dei rifiuti umidi agricoli e dello sfalcio, senza produzione di biogas. Tuttavia, l’attuale amministrazione ha utilizzato il parere favorevole ottenuto dalla Raggi per quel progetto, applicandolo invece a un biodigestore anaerobico“, spiegano Raza e la referente.

Il Commissario – continuano – ha gestito il processo con Conferenze dei servizi asincrone, fissando tempi stretti per le risposte dalle amministrazioni coinvolte, nonostante la complessità delle domande. La mancata risposta entro i termini è stata considerata un’approvazione tacita. L’Arpa ha fatto diverse osservazioni a cui lui ha dichiarato di rispondere in fase esecutiva”.

Inoltre – spiegano – non è stato avviato un percorso partecipativo, a differenza di quanto fatto dalla giunta Raggi, che aveva sospeso il progetto dopo la nostra contrarietà e quella dello stesso Partito democratico di Gualtieri. Noi il percorso partecipativo lo abbiamo chiesto per dire che non siamo contrati al biodigestore, ma che avremmo voluto scegliere insieme dove farlo. La nostra proposta prevede di utilizzare un’area industriale già di proprietà del Comune. Quella attuale scelta dalla giunta Gualtieri, invece, è di proprietà della Regione ed ha un costo di circa 700.000 euro per la cessione. Nonostante dichiarazioni pubbliche di disponibilità al dialogo da parte del sindaco, in realtà le nostre richieste di confronto inviate via PEC sono state rifiutate”.

La partecipazione pubblica – dicono – è stata continuamente trascurata. Oltre alla gestione asincrona delle Conferenze dei Servizi, è stato scelto un presunto percorso partecipativo che, di fatto, era inaccessibile per molti. Il 13 agosto è stata richiesta alla popolazione l’invio di osservazioni tramite PEC, ma ci troviamo in una zona dove gran parte degli abitanti sono agricoltori, molti dei quali non dispongono neppure di un computer. Nonostante ciò, le osservazioni sono state inviate corredate da riferimenti a leggi e normative comunitarie. Tuttavia sono state dichiarate ‘non pertinenti’, senza fornire alcuna motivazione a supporto di questa ‘non pertinenza’”.

Come ha dato gli appalti ce lo dirà la magistratura. Noi avremo anche l’opportunità di fare una denuncia all’Anac perché il bando Invitalia per la gara è stato espletato e appaltato il 7 agosto 2024. Ma successivamente si sono probabilmente accorti che la gara non era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, come richiesto per importi superiori ai 200.000 euro. Per rimediare, il 28 novembre hanno provveduto alla pubblicazione tardiva in Gazzetta, nonostante la gara fosse già stata appaltata. Questa procedura ha escluso altri potenziali partecipanti. Anac valuterà se ci sono rilievi penali oppure no. Inoltre – conclude Raza – il progetto completo dell’impianto non è stato reso pubblico e dopo una richiesta di accesso agli atti siamo in attesa di risposta“.

“Il Giubileo? Gualtieri sta facendo gli impianti dei rifiuti con la scusa del Giubileo. Ma il Giubileo inizia tra pochi giorni ma ancora neanche i lavori sono stati avviati”, concludono Domenico Raza e la referente del Comitato Difendiamo Casal Selce.

Credit foto: Comitato Difendiamo Casal Selce