Dagli Stati Uniti arriva un nuovo studio sulle conseguenze del riscaldamento globale sulle popolazioni, che tiene conto di un fattore spesso sottovalutato quando aumentano le temperature. Si tratta dell’indice di calore, che misura essenzialmente quanto caldo si sente veramente. La ricerca, realizzata da David Romps, professore di scienze della Terra e planetarie all’Università di Berkley in California, è stata condotta in Texas e ha riscontrato che nello Stato americano l’indice di calore è aumentato molto più velocemente rispetto alla temperatura misurata: circa tre volte di più.
Questo significa che in alcuni giorni di calore estremo la temperatura percepita è tra i 5 e i 6 gradi Celsius più calda di quanto sarebbe senza il cambiamento climatico, dicono gli scienziati.
Lo studio, utilizzando i dati del Texas di giugno, luglio e agosto 2023, mostra un problema nella comunicazione al pubblico dei pericoli dell’aumento delle temperature, che da solo non riflette accuratamente lo stress da caldo avvertito dalle persone. Anche l’indice di calore stesso, che tiene conto dell’umidità relativa e quindi della capacità di rinfrescarsi attraverso la sudorazione, fornisce una stima conservativa dello stress da calore subito.
Nel 2022, il professor Romps è stato coautore di un articolo in cui già sottolineava che il modo in cui la maggior parte delle agenzie governative americane calcola l’indice di calore è impreciso, quando si affrontano gli i picchi estremi di temperatura e umidità che vediamo oggi. Questo porta le persone a sottovalutare i pericoli del caldo estremo, come la possibilità di soffrire di ipertermia e anche di morire.
Il Texas non è il solo Stato americano ad affrontare una situazione simile, l’Arizona è uno di questi, ma anche altri luoghi nel mondo stanno affrontando ondate di calore estremo con indici di calore ancora più estremi. Un esempio è il Brasile, dove il il 18 marzo scorso la metropoli di Rio de Janeiro ha toccato un nuovo record di sensazione termica di 62,3 °C.
La ragione per cui fa molto più caldo di quanto ci si aspetterebbe dal solo aumento della temperatura è che il riscaldamento globale sta influenzando l’interazione tra umidità e temperatura, spiega Romps. In passato, l’umidità relativa generalmente diminuiva quando la temperatura aumentava, permettendo al corpo di sudare di più e quindi di sentirsi meglio. Ma con il cambiamento climatico, l’umidità relativa rimane pressoché costante all’aumentare della temperatura, il che riduce l’efficacia della sudorazione per raffreddare il corpo.
Romps commenta: “La cosa più ovvia da fare è fermare il riscaldamento aggiuntivo, perché la situazione non migliorerà se non smettiamo di bruciare combustibili fossili. Questo è senza dubbio il messaggio numero uno. Abbiamo solo una direzione in cui possiamo davvero portare la temperatura media del pianeta, ed è quella verso l’alto. E cioè attraverso l’ulteriore combustione di fossili. Quindi dobbiamo fermarci e farlo velocemente”.