Arrivano ad Eco dalle Città i primi commenti di alcuni esperti sulla faccenda che riguarda la presenza in negozi e supermercati di piatti di plastica leggera molto simili a quelli monouso proibiti dalla direttiva Sup, ma che vengono proposti come riutilizzabili e riciclabili. Realizzati in polipropilene, hanno etichette che recitano più o meno tutte: “Adatti al micro-onde, testati per 20 lavaggi in lavastoviglie” e naturalmente “compatibili con gli alimenti e con l’ambiente”. Un produttore italiano, che per ora non possiamo citare, ci ha detto che hanno semplicemente sfruttato la direttiva europea, che per stabilire cosa può essere considerato “monouso” non punta sulle caratteristiche chimico-fisico del prodotto ma sulla sua progettazione e sul suo utilizzo. Un’impostazione che lascia aperte molte possibilità interpretative.
Agata Fortunato, responsabile dell’osservatorio Rifiuti della Città Metropolitana di Torino, dice: “L’obiettivo della Sup è limitare il consumo di una serie di beni ed imballaggi monouso in plastica, tra cui anche piatti e bicchieri (diciamo pure che il disegno più ampio dell’UE è quello della riduzione del monouso e della produzione dei rifiuti più in generale). Piatti come quelli presentati nell’articolo sembrano a tutti gli effetti molto simili ai ‘vecchi’, e non legali per la SUP, piatti usa e getta: sarebbe interessante sapere direttamente dai consumatori intanto se il messaggio sulla riutilizzabilità raggiunge lo scopo e se effettivamente il loro acquisto è in tal senso consapevole”.
“C’è un elemento che credo sia interessante sottolineare – aggiunge Fortunato – : possiamo davvero definire durevole qualcosa che viene garantito per soli 20 utilizzi, quando esistono alternative (anche in plastica dura) con una vita utile significativamente maggiore?
L’aspetto, lo spessore limitato e il prezzo tutto sommato contenuto, a mio avviso, porteranno il consumatore ad un utilizzo effimero, con buona pace dell’intento della Sup”
Questo invece il pensiero di Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Italy: “La solita faccenda all’italiana, dei furbetti del quartiere. Ricorda quanto sta accadendo con gli stecchini per bevande, che hanno aggirato la direttiva Sup dicendo che sono lavabili e quindi riutilizzabili, ma è ovvio che per chi li acquista sono la stessa cosa di prima. E che quindi non li lava e se va bene finiscono nella raccolta differenziata… Francamente non capisco come il legislatore e anche i garanti permettano tutto ciò. Dovrebbero esserci dei parerei preliminari prima che i prodotti vengano commercializzati, è davvero disdicevole. Anche perché questo inibisce lo sforzo di far ricerca, di investire in soluzioni alternative”.
Ancora: “Ci sono anche dei piatti di plastica spessa, come ad esempio nelle mense scolastiche, che nessuno si sognerebbe di buttare nella raccolta differenziata perché è evidente che sono beni durevoli. La durevolezza dev’essere ben evidente all’acquirente. Ma questi sono diversi. Noi non siamo contro la plastica in assoluto, però qui è chiaro che chi acquista questi piatti, anche in buona fede che so per un compleanno, li prende come usa e getta. Noi come Centro Ricerca Rifiuti Zero stiamo faremo sicuramente delle ricerche e delle verifiche, per capire a livello tecnico tra spessori, lavaggi, composizione, come questi manufatti rientrino nel perimetro delle norme. Ma ripeto, è davvero disdicevole e mi sembra che sia una concorrenza sleale nei confronti di chi cerca soluzioni più sostenibili. E come minimo è una situazione che genera confusione. Il legislatore non può rimanere a guardare e poi non possono sempre essere le associazioni a farsi carico delle lacune e dei problemi. Noi prenderemo sicuramente posizione”.