Secondo un recente rapporto pubblicato da Greenpeace, che fa seguito a una prima indagine del 2019, l’Italia si conferma tra i maggiori esportatori di rifiuti plastici verso la Turchia. Solo nel 2023, il nostro Paese ha spedito in Turchia 41.580 tonnellate di plastica, equivalenti a circa 347 camion al mese. Questo colloca l’Italia al quarto posto tra gli esportatori europei, preceduta solo da Regno Unito (140.907 tonnellate), Germania (87.109 tonnellate) e Belgio (74.141 tonnellate).
Greenpeace spiega come la Turchia sia diventata, nel tempo, la principale destinazione della plastica europea. Questo fenomeno ha avuto inizio nel 2018, quando la Cina ha chiuso le sue porte ai rifiuti plastici stranieri, seguita da altri Paesi asiatici, come Malesia, Thailandia e Vietnam, che hanno applicato restrizioni simili. Il report dice che in Turchia ogni mese arrivano circa 1.174 camion di rifiuti, le cui conseguenze, in termini di cattiva gestione, sono state testimoniate anche dal programma Presa Diretta che ha mostrato discariche a cielo aperto e acque contaminate in diverse aree del Paese.
Nel contesto delineato da Greenpeace, l’Italia si distingue come uno dei principali attori nel commercio di plastica verso la Turchia. Solo nel 2023, il nostro Paese ha inviato nel paese asiatico 41.580 tonnellate di rifiuti plastici, incrementando drasticamente i volumi rispetto agli anni precedenti. Greenpeace sottolinea che, dal 2013 al 2023, l’Italia è passata dall’esportare circa 440 tonnellate a oltre 41.000 tonnellate, pari a più di 4.100 camion di rifiuti annuali diretti verso la Turchia.
L’associazione indica che, tra le destinazioni extra-UE per la plastica italiana, la Turchia è in testa, seguita da Arabia Saudita, Stati Uniti, Svizzera e Yemen. Il rapporto evidenzia inoltre che, nel 2023, il 39% delle esportazioni italiane di plastica sono state dirette fuori dall’Europa, per un totale di 83.138 tonnellate.
Nel 2024 la situazione non è migliorata: da gennaio a settembre, l’Italia ha già esportato in Turchia oltre 36.000 tonnellate di rifiuti plastici. Questo dato, secondo Greenpeace, conferma una tendenza di crescita costante degli ultimi dieci anni e proietta un potenziale superamento del record raggiunto nel 2023. Per Greenpeace, questo fenomeno è un esempio di cattiva gestione della plastica e dell’incapacità di limitare l’impatto ambientale globale.
Nel suo rapporto, Greenpeace sottolinea che la questione della plastica è un’emergenza che va oltre il semplice inquinamento ambientale, poiché coinvolge anche la salute pubblica e la giustizia sociale. A seguito di uno studio condotto nella città turca di Adana, Greenpeace ha rivelato che i rifiuti plastici importati dall’Europa espongono le comunità locali a tossine pericolose, come diossine e furani, sostanze cancerogene che minacciano la salute dei cittadini.
Per Greenpeace, la situazione è insostenibile e necessita di interventi urgenti. La responsabilità della gestione dei rifiuti deve essere assunta da ogni singolo Paese, senza scaricare questo fardello sulle nazioni più vulnerabili. Greenpeace propone misure decisive, tra cui:
- Leggi per il controllo del ciclo di vita della plastica per gestire il materiale dalla produzione allo smaltimento;
- Riduzione della produzione globale di plastica del 75% entro il 2040, come obiettivo concreto per ridurre l’impatto ambientale;
- Incentivi per multinazionali a vendere prodotti sfusi o con imballaggi riutilizzabili, limitando il ricorso al monouso.
Con l’avvicinarsi del prossimo round di negoziati delle Nazioni Unite per un Trattato globale sulla plastica, che si terrà a Busan il prossimo 25 novembre, Greenpeace invita a un’azione concreta e globale per ridurre l’inquinamento da plastica, stabilendo misure che impediscano l’esportazione di rifiuti nei Paesi in via di sviluppo e responsabilizzino ogni nazione sulla gestione dei propri rifiuti.