Durante la presentazione a Roma del Green Book 2023, che fotografa l’andamento del settore dei rifiuti urbani in Italia, si è tornato a parlare anche dell’emergenza rifiuti nella Capitale. Presente all’evento, l’assessora all’Ambiente, Sabrina Alfonsi ha evidenziato come: “Nel rapporto è chiaro quanto ci siano dei divari impiantistici di trattamento tra Nord e Sud del Pase e come Roma va ed è equiparata a quell’Italia che prima di tutto non ha impianti. Ecco perché è importante che Gualtieri sia commissario. Questo ci aiuta a realizzare gli impianti che mancano in tempi più stretti. Per la prima volta un forte gruppo di lavoro ha studiato i flussi dei rifiuti della città per stilare un Piano organico che consenta al comparto pubblico di fare una grande parte ma anche al privato“.
“Abbiamo iniziato con degli impianti di selezione della carta e della plastica per aumentare la raccolta differenziata – prosegue Alfonsi -. Questo è fondamentale se si vuole iniziare a parlare di industrializzazione di questo settore. In più, gli obiettivi possono essere realizzati solo se si mettono in campo tutti gli impianti di selezione così come i due biodigestori anaerobici che sono da 100mila tonnellate. Si tratta di impianti che non coprono il fabbisogno della città ma i 2/3 e, quindi, non tengono conto di quello che può produrre il verde e le aziende agricole. Ricordo, infatti, che Roma è un Comune per 1/3 costruito, per 1/3 verde e per 1/3 agricolo. Poi c’è il primo impianto che vedrà la luce, quello per il recupero delle terre di spazzamento, che è finanziato con i fondi del Giubileo, mentre gli altri con i fondi del ‘Decreto aiuti’. Oltre a questo ci sono anche i 30 centri di raccolta poiché è evidente che una metropoli come Roma non può pensare di vivere, come accaduto fino ad adesso, con 3 o 4 centri di raccolta. Oltre a questo è importante un rafforzamento di AMA, non a caso per la prima volta c’è un Piano industriale e investimenti importanti per questa azienda che passa da essere un’azienda per le pulizie ad un’azienda industriale. Infatti, tutti gli impianti che ho citato saranno gestiti da AMA compreso il termovalorizzatore“.
In conclusione, poi, Sabrina Alfonsi ha sottolineato quanto i rifiuti siano un settore cruciale per l’ambiente: “insieme al piano per i rifiuti stiamo scrivendo quello per l’adattamento al cambiamento climatico di Roma. Ecco perché il termovalorizzatore c’entra con grande forza. Dagli studi fatti emerge che c’è un considerevole inquinamento prodotto dal trasporto dei rifiuti all’interno della città, della Regione Lazio, delle altre Regioni fino ad arrivare all’estero, dove chi smaltisce i nostri rifiuti ricava ricchezza al posto nostro. Per Roma sarà un cambiamento epocale che tarda ad arrivare ma che darà un risultato positivo di potenziamento e industrializzazione del settore rifiuti alla città e a tutto il Paese”.
In merito all’industrializzazione dell’azienda, il presidente AMA Daniele Pace ha dichiarato: “Questa è un’azione necessaria per mettere sotto controllo il ciclo dei rifiuti. Ma non basta far diventare l’AMA un’azienda strutturata perché va incrementata la sussidiarietà. Roma, infatti, è una città complessa e neanche se fossimo l’azienda più efficiente del mondo riusciremmo da soli a mantenerla pulita. Allo stesso modo, non ci riusciremmo mai se ci innamoriamo di modelli ideologici di raccolta dei rifiuti. Ad esempio, un’estensione della raccolta porta a porta in una città del genere è impossibile. Ciò che si può e deve fare, però, è la riduzione della produzione dei rifiuti. Si producono troppi prodotti di falsa innovazione e troppi beni di bassa qualità che non si ha interesse a riparare”.
Al termine dell’evento, dato il tema centrale della dotazione dell’intero Paese di impianti che gestiscano il ciclo dei rifiuti tra cui quello della termovalorizzazione, Eco dalle Città ha intercettato e chiesto al Presidente Filippo Brandolini qual è la posizione di Utlilitalia in merito all’entità dell’inceneritore che verrà realizzato a Roma dato che si parla di circa 600mila tonnellate di rifiuti trattati all’anno.
“Questo non potrebbe comportare un rallentamento di quella che, invece, dovrebbe essere un’accelerazione della raccolta differenziata? In più, dato che si tratterebbe di uno dei pochi impianti presenti nel Centro-Sud del Paese, non potrebbe incrementare un ulteriore ‘traffico’ di rifiuti a Roma”? Ha chiesto Eco dalle Città.
“Le valutazioni sul fabbisogno impiantistico di Roma sono figlie di un piano di gestione di rifiuti per l’area metropolitana di Roma. Sono stati analizzati i flussi e le matrici dei rifiuti prodotti e sono stati individuati gli impianti sia per il riciclo che per ciò che non può essere riciclato. In questo contesto la capacità ipotizzata per l’impianto di recupero energetico tiene conto di come il 65% / 70% dei rifiuti prodotti in questa città siano comunque avviati a riciclo. Le 600mila tonnellate, quindi, vanno misurate rispetto alla valutazione complessiva dei rifiuti romani. Inoltre, dai dati che abbiamo su altre realtà (anche virtuose), si può pensare che, dal momento in cui esiste un 30% di rifiuti residui e che anche la raccolta differenziata produce degli scarti non riciclabili, l’impianto sia importante dato che la Regione Lazio non ha una grande dotazione. Uno studio basato su dati Ispra, ad esempio, ha evidenziato come la raccolta differenziata produce il 20% di rifiuti non riciclabili. Non vanno dimenticati, poi, i rifiuti speciali”, ha risposto Brandolini.