Gli italiani sempre più anziani si muovono di meno e per farlo non rinunciano alla loro vecchia auto. Anzi di vetture vetuste ne circolano sempre di più e sono inquinanti. L’elettrico costa caro e non decolla ma il Paese intanto raddoppia i punti di ricarica che sono più di quelli dei carburanti tradizionali.
Gli spostamenti, negli ultimi 20 anni, hanno registrato un calo del 11,7%. Dato che potrebbe non sembrare allarmante se non fosse che la principale causa, l’inverno demografico, non si risolverà per gli anni a venire. Così la vecchia auto torna ad essere la prima scelta e l’elettrico arranca. Bus e metro, che stanno rinnovando le flotte, riusciranno a invertire questa atavica passione degli italiani per l’auto? No: l’invecchiamento del Paese pesa anche sulla popolazione scolastica e da qui a pochi anni (al 2030), la minor domanda di trasporto degli studenti si tradurrà in potenziali cali per il tpl che, soprattutto al sud, saranno a due cifre.
Questo lo scenario raccontato dal 20° Rapporto sulla mobilità degli italiani a cura di Isfort, l’Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti, presentato il 27 novembre al CNEL, a Roma, con il supporto scientifico delle associazioni del TPL, Agens e Asstra, con il sostegno della Fondazione NC e con la partecipazione del Gruppo FS, di Istat e della Struttura Tecnica di Missione del MIT.
Per la prima volta, nel 2022 il numero di autovetture che circolano sulle strade supera i 40 milioni, con un incremento del +1% rispetto al 2021 e del +19% negli ultimi 20 anni. Cresce il tasso di motorizzazione, passando dalle 58,8 auto del 2002 alle 68,1 del 2022. È un dato di 10 punti superiore a Francia e Germania e di 15 punti superiore alla Spagna. La vecchia auto (nel 60% dei casi ha più di 10 anni, mentre in Germania o Francia intorno al 40%) è sempre il principale mezzo di trasporto degli italiani.
Si continua così a preferire la propria auto riprendendo un trend solo in parte interrotto durante la pandemia: 2 spostamenti su 3 avvengono infatti sulle quattro ruote, meno di 2 su 10 a piedi ed appena il 4% in bici o altre forme di micromobilità. La stessa percentuale si registra per le moto e meno di un italiano su 10 (il 7,5%) sale su un bus per spostarsi.
Per quanto riguarda il mercato dell’elettrico, il Rapporto evidenzia che dall’inizio del 2023 c’è stata una timida ripresa ma si resta ancora ben lontani dagli standard europei.
Il trend di crescita dell’auto elettrica è stato impetuoso negli ultimi anni, seppure nel 2022 si sia registrata una parziale battuta d’arresto, effetto anche della minore appetibilità degli incentivi per l’acquisto: le auto ad alimentazione ibrida (HEV) sono passate da poco più di 25mila immatricolazioni nel 2015 (1,6% del venduto) a quasi 450mila nel 2022 (34%); le auto ad alimentazione ibrida plug-in (PHEV) sono passate da appena 890 immatricolazioni nel 2015 (0,06% del venduto) a quasi 70mila nel 2022 (5,11%), tuttavia con una riduzione registrata nel 2022 (-3,2%); le auto ad alimentazione elettrica pura (BEV) sono passate da poco meno di 1.500 immatricolazioni nel 2015 (0,09% del venduto) ad oltre 67mila nel 2022 (5,11%); la variazione negativa tra il 2021 e il 2022 è stata in questo caso molto forte (-27% e una quota di mercato passata dal 4,61% al 3,73%).
Le infrastrutture per la ricarica elettrica: alla fine del 2022 ne sono state rilevate poco meno di 20mila e oltre 36mila punti di ricarica con un incremento rispettivamente del +46,2% e del +41,2% rispetto a fine 2021. Non poco, anzi, considerato che in Italia ci sono 22.700 stazioni di rifornimento di carburanti tradizionali. Dal settembre 2019 sia il numero di infrastrutture che quello dei punti di ricarica sono quasi quadruplicati. La distribuzione territoriale delle colonnine di ricarica premia il nord (quasi il 60% dei punti), mentre al sud e nelle isole l’incidenza è del 20%.
Ma gli italiani sono pronti a passare all’auto elettrica? Secondo l’Osservatorio Audimiob si’ in buona parte ma il problema è sempre lo stesso: il costo elevato. Il 5,3% degli intervistati dichiara che sta valutando l’acquisto già entro l’anno e il 33% entro i prossimi anni. È un dato abbastanza omogeneo a livello territoriale, tuttavia la propensione è un po’ più alta tra gli intervistati del Mezzogiorno. Circa i fattori che incidono negativamente sulla possibilità di acquisto il più rilevante risulta essere il costo dell’auto (punteggio medio 4,19 in scala 1-5). Meno significativo, in termini relativi, è il tema dell’autonomia delle batterie.
Il trasporto pubblico continua ad essere snobbato dagli italiani: dopo il crollo del 2020 (quota modale dal 10,8% al 5,4% e perdita di oltre il 60% dei passeggeri), il tpl cerca di recuperare ma il 7,4% del 2022 o anche il 7,6% del primo semestre del 2023 sono ancora molto lontani dai livelli pre-Covid (10,8% nel 2019). A questo vanno sommati la carenza di servizi e di infrastrutture dedicate, soprattutto le reti ferroviarie nelle aree urbane, mancanza di politiche ad hoc e di fondi insufficienti o mai arrivati. E rispetto all’Europa basta fare il confronto tra i diversi investimenti pubblici fatti nel settore. Il Tpl costituisce una quota costante del PIL: il dato dell’Italia, pari a 0,40, è meno della metà della media EU27, oltre quattro volte inferiore a quello delle Germania e oltre tre volte inferiore a quello della Spagna. Si può quindi concludere che nel nostro Paese le limitate risorse aggiuntive per il settore che i vincoli di spesa pubblica impongono, non riescono a disinnescare il circolo vizioso di una mobilità collettiva destinata in prevalenza a chi non ha alternative per spostarsi.
E da qui a qualche anno? Isfort, per la prima volta, dedica una parte dell’osservatorio alle previsioni sulla mobilità fino al 2030. I dati evidenziano un ulteriore calo intorno al 3% dei volumi di spostamenti in generale in confronto al dato pre-Covid. Anche su questo andamento inciderà l’inverno demografico del Paese con una perdita di quote importanti come quella rappresentata appunto dalla domanda di trasporto degli studenti. Le variazioni più profonde si rifletteranno a livello regionale con valori negativi di oltre 10 punti soprattutto nelle regioni del sud e isole rispetto alla media italiana: punte negative in Basilicata (-18,6%) e Molise (-16,2%), a cui si aggiungono le performance molto negative di Campania (-14,8%) e Puglia (-14,5%).
Un dato positivo si registra solo per l’Emilia-Romagna (+2,1). Questi valori aumenteranno considerevolmente se si considerano i soli studenti delle scuole superiori per i quali il decremento medio percentuale raggiungerà il -8,5% con punte del -20% di alcune regioni come la Basilicata.
E ovviamente tutto ciò si rifletterà negativamente sul TPL urbano e soprattutto extraurbano. Il trasporto collettivo si troverà a dover far fronte, soprattutto nelle regioni meridionali, a delle contrazioni di domanda molto severe (-4,8% in Italia, con punte di -14% nelle regioni del Sud).