Lunedì 6 marzo è stato pubblicato su Nature Climate Change uno studio che indaga come il consumo di cibo sia una delle principali fonti di emissioni di gas a effetto serra, valutando quali possano essere le azioni di mitigazione.
Secondo i ricercatori, il solo consumo di cibo potrebbe comportare l’aumento di 1° della temperatura terrestre entro il 2100 poiché il 75% del riscaldamento è dovuto agli alimenti che producono elevati tassi di metano. Parliamo della carne (di mucca, pecora e capra), dei latticini e del riso. Ricordiamo che il metano è un gas climalterante che ha un tempo di permanenza nell’atmosfera molto inferiore a quello della CO2, ma il suo effetto è 84 volte più forte.
Di fatto, queste fonti rappresenterebbero almeno il 19% ciascuna del contributo del cibo al riscaldamento globale e, di queste, la produzione di carne è quella che contribuirebbe maggiormente (33%).
Tuttavia, secondo la ricerca, più del 55% del riscaldamento previsto dalla produzione di questi tre generi alimentari può essere evitato grazie a dei miglioramenti simultanei alle pratiche di produzione, ma anche dall’adozione universale di una dieta sana fatta di alimenti derivati dalla vendita al dettaglio di produzioni locali che ridurrebbero di molto i rifiuti.
Lo studio, poi, riporta come il settore agricolo è responsabile della metà delle emissioni di metano (CH4), di due terzi del protossido di azoto (N20) e il 3% delle emissioni di anidride carbonica (CO2). Tuttavia “solo un terzo dei Paesi nelle sue politiche di mitigazione del clima fa riferimento ad una riconversione del settore agricolo determinato dall’accordo di Parigi. Ma è una progettazione politica efficace è importantissima per migliorare la comprensione del ruolo del consumo alimentare globale se si vuole fermare il riscaldamento globale”.