Al concerto del Primo Maggio di Roma, Greenpeace Italia si è resa protagonista di una protesta creativa per denunciare l’ennesimo episodio di greenwashing di ENI, tra gli sponsor principali della manifestazione. In Piazza San Giovanni, un gruppo di attivisti e attiviste dell’associazione ambientalista ha gonfiato e portato tra il pubblico una ventina di palloni giganti in lattice biodegradabile con l’immagine del Cane a sei zampe, il logo di ENI, che sputa fuoco sul Pianeta e il messaggio “ENI inquina anche la musica!”.
Già a Sanremo, Greenpeace Italia aveva contestato la presenza di ENI, che continua a sponsorizzare concerti ed eventi culturali per ripulirsi l’immagine e presentarsi come azienda attenta all’ambiente quando in realtà continua a puntare sul gas e sul petrolio.
«La propaganda tossica delle aziende dei combustibili fossili dovrebbe essere vietata e non trovare spazio nel mondo della musica, della cultura e dell’informazione, così come da anni è vietata la pubblicità delle aziende del tabacco», dichiara Federico Spadini, campagna clima di Greenpeace Italia. «ENI è il principale emettitore italiano di gas serra e continua a investire fortemente su petrolio e gas, che alimentano la crisi climatica e le guerre, compresa quella in corso in Ucraina. Serve una legge europea che fermi l’inganno dei finti messaggi green diffusi dai responsabili della crisi climatica».
Un’indagine recente di Greenpeace Paesi Bassi e del gruppo di ricerca DeSmog ha mostrato come il 55 per cento delle pubblicità online di ENI sia definibile come greenwashing. Inoltre, sebbene appena l’8 per cento degli annunci dell’azienda analizzati promuova i combustibili fossili, questi costituiscono in realtà fino a circa l’80 per cento del suo portfolio. Nonostante gli slogan e le promesse, nei prossimi anni ENI continuerà a puntare principalmente su gas e petrolio. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, anziché puntare su una vera decarbonizzazione, l’azienda ha cercato di assicurarsi nuove riserve di gas fossile da fornitori diversi dalla Russia, aggravando ancora di più la dipendenza dell’Italia dalle fonti fossili.
Per fermare il greenwashing, Greenpeace promuove una Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) che chiede di vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende dei combustibili fossili. Se entro ottobre la petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti”, sostenuta da più di trenta organizzazioni, raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine a queste ingannevoli operazioni di greenwashing.
La petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti” si può firmare qui.