A luglio, nell’ambito del cosiddetto Processo Smog di Torino, il giudice aveva disposto il proscioglimento degli imputati – gli amministratori pubblici comunali e regionali che dal 2015 al 2019 hanno avuto una responsabilità rispetto alla tutela della qualità dell’aria della città di Torino – dal reato di inquinamento ambientale colposo, contestato dalla Procura della Repubblica di Torino, respingendo la richiesta di prosecuzione del giudizio avanzata dai pubblici ministeri e dai difensori delle parti civili.
E’ notizia di ieri, lunedì 21 ottobre, che la decisione, le cui motivazioni sono state depositate il 5 settembre scorso, è stata impugnata dai pubblici ministeri.
Il Comitato Torino Respira, ammesso come parte civile nel procedimento penale, insieme a Greenpeace Italia e ISDE-Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, ha presentato una memoria ai pubblici ministeri nelle scorse settimane a commento della sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino in composizione monocratica.
La memoria, un articolato documento di 30 pagine redatto dall’avvocato Marino Careglio, il difensore penalista di Torino Respira, risponde punto per punto alle motivazioni del giudice di primo grado, caratterizzate da un diffuso ‘svilimento’ del tema ‘inquinamento atmosferico’, che si manifesta sia nella ricostruzione dei fatti oggetto di giudizio sia nelle valutazioni di carattere più prettamente giuridico.
Tra i principali punti osservati:
- premesso che il sistema di rilevamento della qualità dell’aria torinese appare sottodimensionato, con sole cinque stazioni di rilevamento (stazioni Consolata, Grassi, Lingotto, Rebaudengo e Rubino) e che non rilevano tutte le sostanze inquinanti inquinanti (si pensi ad esempio che la città di Lione in Francia con poco più di 500.000 abitanti ha ben 15 stazioni di rilevamento), analizzando i dati della qualità dell’aria nel periodo in oggetto, il giudice evidenzia il valore medio annuale calcolato per la città di Torino per ciascuna sostanza inquinante, in palese contrasto con i principi della direttiva comunitaria n. 50/2008, per la quale il rispetto dei valori limite deve riguardare ciascuna delle stazioni di misurazione delle sostanze inquinanti, come più volte già affermato dalla Corte di Giustizia dell’UE;
- il giudice stabilisce la presunta irrilevanza dei numerosi decessi e ricoveri ospedalieri causati dal superamento dei valori limite delle sostanze inquinanti in esame, puntualmente descritti nel decreto di citazione a giudizio: tale presa di posizione svilisce la rilevanza degli accertamenti epidemiologici svolti dai consulenti tecnici della Procura della Repubblica, rilevanti anche rispetto al reato di inquinamento ambientale colposo, in quanto qualificano il requisito della ‘significatività’ del deterioramento dell’aria, elemento richiesto dal reato in esame. Infatti, il raggiungimento di “obiettivi di qualità dell’aria” previsto dalla normativa in oggetto non è un obiettivo di per sé, ma è funzionale a “prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso”;
- il presupposto – citato nella sentenza – dell’indeterminatezza dei soggetti che generano le emissioni in atmosfera è del tutto infondato, come dimostra l’impostazione stessa del Piano Regionale di Qualità dell’Aria e l’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA);
- nella sentenza non è stata spesa una parola sui termini entro i quali dovevano essere raggiunti i valori limite di concentrazione delle sostanze inquinanti oggetto di contestazione, ma i limiti esistevano, in linea con la pianificazione ambientale, e sono stati del tutto disattesi: PM10, termine prescritto 1° gennaio 2005; biossido di azoto, termine prescritto 1° gennaio 2010; PM2.5, termine prescritto 1° gennaio 2015;
- la definizione di criteri di qualità dell’aria e dei conseguenti limiti di legge avviene per ogni inquinante indipendentemente dalla compresenza di altri inquinanti, sulla base degli effetti che questi hanno sulla salute umana. I limiti stabiliti dalla normativa europea e nazionale sono decisamente inferiori rispetto a quelli suggeriti sin dal 2005 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e rappresentano pertanto il frutto di una scelta politica che non li può qualificare come “valori precauzionali”, come sostenuto dal giudice, tant’è che la normativa europea definitivamente approvata in questi giorni definisce limiti più bassi di quelli attualmente in vigore;
- l’aria respirata dai cittadini e dalle cittadine torinesi non è parcellizzata rispetto a ogni singolo inquinante ma è una sola e quindi l’analisi della stessa – a differenza di quanto proposto dal giudice valutando come rilevante solo gli sforamenti di legge per il limite giornaliero del il PM10 – deve essere operata tenendo conto anche degli altri inquinanti che non sono rispettosi dei valori di legge e men che meno delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità;
- i soggetti che a livello interno rivestono una posizione di garanzia rispetto alla tutela della qualità dell’aria sono stati correttamente individuati dalla Procura della Repubblica di Torino nelle figure ‘apicali’ della Regione Piemonte e del Comune di Torino, i quali sono titolari di tale responsabilità sia in virtù di una investitura formale ex lege, sia in quanto hanno assunto tale ruolo in via sostanziale e quindi non è condivisibile la posizione del giudice secondo cui è impossibile far discendere nei loro confronti una posizione di garanzia;
- è la generale pianificazione ambientale della Regione Piemonte e del Comune di Torino a essere stata inadeguata al raggiungimento dell’obiettivo di migliorare la qualità dell’aria, come analizzato nel corso delle indagini;
- la sede dibattimentale avrebbe permesso di approfondire ulteriormente la vicenda e stabilire che se fosse stata adottata una pianificazione adeguata da parte degli enti territoriali preposti in materia, rispettosa dei requisiti prevista dalla normativa comunitaria e interna, si sarebbe potuto evitare il deterioramento della qualità dell’aria della città di Torino.
“La sentenza del giudice è inaccettabile e va respinta. Da un lato minimizza il problema dell’inquinamento atmosferico con argomenti insostenibili sul piano scientifico. Dall’altro delinea un quadro di mancanza di responsabilità degli amministratori che, se fosse vero, renderebbe del tutto inefficace la normativa sulla qualità dell’aria. La materia è molto complessa è non può essere liquidata in modo sbrigativo e superficiale, ma richiede un confronto approfondito che può emergere solo da un serio dibattimento.” commenta Roberto Mezzalama, presidente del Comitato Torino Respira.