Si chiama Pollicino la nuova app per la mobilità condivisa presentata il 27 marzo a Milano, che utilizza una delle più recenti tecniche d’indagine, la Future Mobility Survey, in grado di fotografare tutti gli spostamenti in città grazie alla collaborazione dei cittadini e una registrazione anonima sullo smartphone.
Pollicino, un progetto pilota tra i primi in Europa che è nato dalla collaborazione fra la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, il Ministero dei Trasporti e il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, sperimentato per la prima volta a Bologna, è stato presentato dall’Osservatorio Sharing Mobility con il supporto di Nordcom, la delegazione del Québec e il patrocinio della Commissione Europea. Per l’occasione sono stati anche condivisi i risultati di questa prima sperimentazione, “con l’obiettivo di avviare un confronto sull’utilità di poter disporre di dati di mobilità sempre più efficaci e sull’opportunità di replicare quest’esperienza nel prossimo futuro anche in altre città italiane”.
“Che la mobilità in città stia cambiando lo dicono anche gli ultimi numeri sulla sharing mobility”, sottolinea l’Osservatorio: nel 2021 i viaggi in condivisione sono stati in tutto 35 milioni circa, + 61% rispetto al 2020. Il bikesharing free-floating e cresciuto del 56% rispetto al 2020, lo scootersharing del 5%, i monopattini in sharing nel 2021 hanno registrato la metà dei noleggi totali fatti in Italia (17,9milioni), i servizi di carsharing con stazione segnano un +22,2% di viaggi rispetto al 2020.
Cos’è Pollicino
Pollicino, ha un carattere profondamente innovativo. La partecipazione al progetto richiede di mettere a disposizione i dati sui propri spostamenti e sul mezzo utilizzato, per 7 giorni e 24 ore su 24, che vengono registrati in forma anonima dall’app senza mai essere messi in relazione con i dati sensibili e identificativi del partecipante. “Il tracciamento delle persone per almeno 7 giorni consente di cogliere tutti gli spostamenti fatti da un individuo con qualunque modalità, sia quelli brevi che lunghi, quelli svolti durante i giorni lavorativi o feriali, di giorno e di notte e per ogni tipo di motivazione (lavoro, studio, tempo libero etc.).
“Questo aspetto consente di cogliere come cambi la mobilità degli individui o, per esempio, quelli di una città, non solo in funzione del contesto territoriale ma anche nell’arco del tempo. Si tratta di un vero e proprio salto di qualità rispetto alle indagini questionarie che analizzino solo la mobilità per motivi di lavoro/studio o la mobilità di un giorno medio feriale, così come avviene di norma”.
I dati di Bologna: come è cambiata la mobilità negli ultimi 3 anni
Circa 1000 cittadini hanno partecipato all’indagine di Bologna facendo registrare tutti i loro spostamenti per 7 giorni. L’analisi dei dati dei Pollicini bolognesi ha fatto emergere che la mobilità in città, anche a seguito delle pratiche di smart working, è divenuta molto meno regolare e quindi molto meno prevedibile. In particolare:
- non è più scandita dal recarsi quotidianamente a studiare o lavorare
- e la maggioranza delle percorrenze non avviene nei giorni lavorativi, come in passato, ma nel week-end
- gli spostamenti cosiddetti non sistematici e per motivazioni diverse da lavoro e studio sono nettamente predominanti.
L’effetto pandemia ha consolidato, infatti, lo smart working e l’apprendimento a distanza, tanto che ormai la percentuale delle persone che si spostano 5 giorni a settimana per lavoro è meno di un quarto del totale (23%) e, se sommata a quella che si sposta solo quattro giorni a settimana, non superala metà del campione, indice di una quotidianità che non è più scandita da questa tipologia di spostamenti.
Questa nuova struttura della mobilità tende a premiare la flessibilità dell’auto privata (e questo non va a vantaggio dell’ambiente), penalizza l’uso del trasporto pubblico ma fa anche intravvedere la potenzialità dei servizi di sharing mobility e la possibile espansione della mobilità attiva, soprattutto quella in bicicletta.
Il modal share poi cambia radicalmente in funzione della motivazione dello spostamento: quando si tratta di andare al lavoro l’auto si attesta intorno al 24,9% e l’autobus al 20%, ma se si tratta di fare acquisti l’auto raggiunge il 40,9% e il mezzo pubblico scende al 7,1%.
Un’indagine approfondita ha riguardato l’utente abituale di sharing mobility rispetto al “tipo” non utente. Questa analisi ha permesso di verificare che chi sceglie regolarmente di spostarsi in bikesharing e carsharing, tende ad utilizzare meno l’auto anche per gli altri spostamenti, e preferisce il mezzo pubblico e muoversi di più a piedi, rispetto a chi non usa regolarmente queste soluzioni di mobilità.
Valentina Orioli – Assessora alla Mobilità del Comune di Bologna:” La sperimentazione messa in campo a Bologna dimostra quanto la mobilità individuale sia segmentata e complessa e quanto possa essere decisivo il ruolo della sharing mobility rispetto all obiettivo di raggiungere un sistema di mobilità urbana più sostenibile nel suo complesso. Pollicino può quindi essere un utile strumento strategico per pianificare lamobilità urbana con una attenzione specifica ai segmenti attivi e condivisi.
Fabrizio Garavaglia, Presidente di Nordcom: “Alla luce della sperimentazione e dei risultati del Pollicino bolognese, abbiamo ragionato su come trasferire questa esperienza in altre città italiane, partendo proprio dalla Lombardia. Attraverso Pollicino abbiamo conoscenza dei dati di mobilità quale strumento essenziale per la pianificazione, intendiamo quindi promuovere l’utilizzo delle Future Mobility Survey, anche in altre città italiane, come strumento di ausilio ai PUMS e per la definizione di nuovi paradigmi di mobilità. Ancora una volta mobilità sostenibile e digitalizzazione si confermano strettamente correlati tra loro.”
Raimondo Orsini, Direttore della Fondazione Sviluppo Sostenibile: “L’esperienza di Pollicino realizzata a Bologna, che speriamo possa essere replicata in altre città italiane, ci ha mostrato che abbiamo oggi uno strumento molto più potente, preciso e meno costoso di quelli utilizzati finora per analizzare la mobilità urbana, e che possono essere i cittadini stessi a raccontarci direttamente come cambia la mobilità, formando una community che collabora con le amministrazioni. E’ il fenomeno del cosiddetto “data altruism”.