Vito Antonacci, membro del coordinamento pugliese di Zero Waste Italy, in un lungo post su facebook ha affrontato le principali criticità che una larga parte degli ambientalisti pugliesi individua nel nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani, che sarà votato in Consiglio Regionale a Bari martedì 14 dicembre: dal mancato coinvolgimento delle associazioni alle performance scarsissime dei capoluoghi, dal ricorso a discariche e incenerimento alla sola contemplazione degli impianti anaerobici per l’organico. Ecco il post completo:
Martedì prossimo, 14 dicembre, molto probabilmente sarà approvato il nuovo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani. Era praticamente pronto già nel 2018 ma la procedura di VAS si bloccò e così anche il suo iter verso l’approvazione in Consiglio Regionale. Fu solamente adottato in Giunta Regionale, con Deliberazione n. 1482 del 02 agosto 2018, per quanto concerne gli impianti, per permettere ad AGER di intraprendere le azioni propedeutiche per la loro realizzazione. Quindi già nel 2018 hanno deciso quali impianti realizzare in Puglia per centrare (secondo loro), gli obiettivi previsti dal Piano che sarà approvato.
Noi che pensavamo di poter incidere nella programmazione, con Osservazioni corpose e documentate, con modelli di stima che dovevano far propendere verso un diverso sistema di trattamento della frazione residua e non solo, abbiamo solo sprecato energie. Loro hanno deciso, in barba alla tanto decantata partecipazione. Infatti, hanno dato l’illusione della partecipazione solo nella prima parte, fino al 2018, poi non c’è stata neanche l’illusione. La nuova stesura del Piano è stata resa pubblica solo dopo l’approvazione in Giunta Regionale, comunicata il 15 Ottobre 2021, praticamente a giochi già fatti.
Di migliorie, rispetto alla vecchia versione del 2018, c’è la parte riguardante la prevenzione della produzione dei rifiuti, oltre ai buoni propositi per convincere tutti i comuni ad adottare il sistema di raccolta differenziata porta a porta ma nella realtà abbiamo Bari, Foggia e Taranto, che con le loro percentuali bassissime di raccolta differenziata, producono insieme più del 30% dei rifiuti indifferenziati pugliesi. A Bari e a Foggia c’è ancora la raccolta stradale, a Taranto hanno appena investito un sacco di soldi per una non performante raccolta attraverso cassonetti diversamente intelligenti e in un futuristico sistema pneumatico che dovrebbe far viaggiare i rifiuti da una parte all’altra della città. Saranno stati soldi spesi inutilmente? Chi pagherà per questo, i tarantini? Nessun cenno sul fatto che da febbraio 2018 vi è l’obbligo di legge del raggiungimento del 65% di raccolta differenziata, come intende comportarsi la Regione verso quei comuni che non rispettano questo obbligo?
La nomina della nuova Assessora regionale all’Ambiente aveva fatto ben sperare perché è una persona molto sensibile all’economia circolare e alla tutela dell’ambiente che ci circonda ma purtroppo sono i rapporti di forza politica che incidono nelle scelte, i buoni propositi incidono meno. L’assessora è praticamente sola, non avendo nessun consigliere che siede sugli scranni del Consiglio Regionale, come potrebbe incidere? A questo bisogna aggiungere che è stata nominata soltanto pochi mesi fa, in più ho già detto che la parte impiantistica fu decisa già nell’agosto 2018 e lei se l’è ritrovata già così.
Vediamo cosa prevede il nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, per il secco residuo (fig. 1) prevede principalmente la produzione di CSS o CSSc, a seconda che sia classificato o meno ancora un rifiuto. A mio avviso la classificazione è ininfluente se per entrambi l’unico destino è l’incenerimento. A poco servirà la realizzazione di impianti denominati RE.MAT (fig.2), che riusciranno a recuperare solo i polimeri appetibili dai consorzi, mandando alla produzione di CSS, sia le plastiche eterogenee che i tessili e i cellulosici presenti nelle frazioni di secco residuo. Oggi la tecnologia è riuscita a recuperare materia da pannolini e pannoloni, in Puglia mandiamo ancora a bruciare materia che potrebbe avere una nuova vita. Tutto questo comporta dei costi, ambientali ed economici, per le comunità e comunque non contribuisce ad eliminare il bisogno delle discariche.
L’Europa ha stabilito che non concederà finanziamenti con il PNRR a tutte le iniziative che possano arrecare un danno significativo all’ambiente (DNSH), per esempio all’incenerimento, perché significa aumentare le emissioni, oltre ad essere una cattiva gestione della materia. Chissà se in Europa sanno che in Puglia stanno per approvare un piano che punta ancora una volta all’incenerimento. Avremo ancora bisogno delle discariche per tanto tempo e per questo sono state individuate due, di proprietà pubblica ma in gestione allo stesso gruppo industriale, una a Contrada Martucci a Conversano, l’altra a Corigliano d’Otranto, sulla più importante falda acquifera del Salento.
Altra nota dolente è il trattamento della Forsu, il piano prevede la realizzazione di impianti pubblici ma senza tener conto degli impianti privati già esistenti e di quelli che hanno già un procedimento autorizzativo in itinere. Questo comporterà sicuramente una notevole sovraccapacità impiantistica che farà arrivare i rifiuti organici da fuori regione, aumentando l’impatto sul territorio pugliese. Un’altra pecca del piano regionale di trattamento dell’organico è la previsione di realizzare solo digestori anaerobici, accantonando gli impianti di compostaggio, solo perché non sono incentivati come ai primi. Anche se è indicato che è data facoltà alle comunità di scegliere la tipologia d’impianto, l’unica che viene proposta è la digestione anaerobica. Ciò che interessa veramente è il recupero della frazione organica oppure il biometano e i suoi incentivi milionari? Senza contare che realizzare un digestore anaerobico costa quasi il doppio rispetto ad un impianto di compostaggio.
La puglia ha quasi 900 km di coste, pertanto il fenomeno dello spiaggiamento della poseidonia costituisce un problema per le strutture ricettive, oltre che per le città costiere. Che fine farà la poseidonia raccolta dalle spiagge, visto che nel Piano regionale dei rifiuti è espressamente vietato il suo uso ai fini della produzione di compost? Eppure, il Dlgs 75/2010 ne prevede l’utilizzo fino ad un massimo del 20% della matrice organica. Andrà in discarica? Oppure continuerà ad essere depositata nelle complanari delle statali salentine, come avviene già da tempo per merito di alcuni gestori criminali di stabilimenti balneari?
Non è chiaro ciò che la Regione vuole fare per il trattamento dei fanghi di depurazione, visti gli investimenti in alcune sperimentazioni, tra cui anche l’utilizzo di un piroscissore, dubito che possano essere utilizzati a fini agronomici. Un esempio è l’inceneritore per fanghi che è sorto a Sannicandro di Bari, per fortuna ha funzionato solo 6 mesi, prima di essere posto sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. È sempre la stessa storia, individuare la strada più facile per sbarazzarsi del rifiuto, perché cercare di recuperarlo costa fatica, fregandosene degli impatti ambientali o dei vantaggi che il suo recupero potrebbe arrecare.
Veniamo ai criteri di localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti. Il PRGRSU del 2013 prevedeva delle distanze minime per la tutela della popolazione (fig.3), 2000 metri dai centri abitati e 2500 metri dai siti sensibili, come scuole, asili ospedali. Questo ha permesso che non fossero realizzati impianti troppo vicini ai centri abitati, anche la magistratura pugliese è intervenuta con sentenze che hanno dato ragione a quelle comunità che rischiavano di avere impianti fortemente impattanti a ridosso delle case. Nel nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, queste distanze spariscono (fig.4), demandando alle città metropolitane di individuare le aree idonee o inidonee ad ospitare gli impianti.
Curioso che questa norma pare sia anche retroattiva, infatti dice: “I procedimenti autorizzativi, inclusi quelli contemplati dalla Parte II e della Parte IV del D.lgs. n. 152/2006 e smi, in corso alla data di approvazione del Piano da parte del Consiglio regionale ex l.r. 24/2012 e smi, sono conclusi secondo le norme di pianificazione vigenti al momento della presentazione dell’istanza, fatta salva la facoltà del proponente di chiedere – entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del Piano – che l’istanza sia esaminata secondo le norme del presente Piano. I procedimenti autorizzativi, inclusi quelli di cui alla Parte II e della Parte IV del D.lgs. n. 152/2006 e smi, la cui istanza risulta inoltrata all’Autorità competente in data successiva all’approvazione del Piano da parte del Consiglio regionale ex l.r. 24/2012 e smi, sono conclusi secondo le disposizioni della presente programmazione”. Una chicca tutta pugliese. Certamente servirà a permettere la realizzazione di impianti che altrimenti sarebbe impossibile realizzare, perché troppo vicini ai centri abitati.
Spero che i consiglieri regionali tutti, leggano queste considerazioni e non facciano passare il piano così com’è, emendandolo nelle criticità da me individuate.