La Rome Business School, in collaborazione con Legambiente, ha pubblicato lo studio: “Sostenibilità ambientale e sviluppo sostenibile. Quali sfide per l’ecosistema urbano del futuro?” (a cura di Valerio Mancini, Direttore del Rome Business School Research Center, e di Mattia Lolli, membro della Segreteria Nazionale di Legambiente) che presenta i risultati di un’indagine su 104 Comuni capoluogo d’Italia, evidenziando notevoli criticità e numerose performance ambientali scadenti o pessime: “E’ un’Italia a due velocità: la prima più dinamica e attenta alle nuove scelte urbanistiche, ai servizi di mobilità, alle fonti rinnovabili, alla progressiva restituzione di spazi pubblici ai cittadini, alla crescita delle aree naturali. La seconda, più statica con un andamento troppo “lento” nelle performance ambientali delle metropoli soprattutto sul fronte smog, trasporti, raccolta differenziata e gestione idrica” spiegano gli autori.
A testimoniarlo in primis le città di Trento, Mantova, Pordenone, Bolzano e Reggio Emilia in vetta alla classifica generale; In fondo alla graduatoria troviamo invece: Pescara (102esima), Palermo (103esima) e Vibo Valentia (104esima).
In generale i grandi centri faticano a dare risposte alle criticità che le caratterizzano. Fa eccezione Milano (29esima), sempre più attenta negli ultimi anni alla mobilità sostenibile e, in generale, al rispetto per l’ambiente. Il capoluogo lombardo, infatti, è l’unica grande città ad avere una rete idrica che perde molto meno del 25% dell’acqua immessa in rete: quarta assoluta con appena il 13,7% di perdite (era 15,2% lo scorso anno).
I dati raccolti relativi alle regioni italiane più attente alla green economy mostrano che la Lombardia è quella maggiormente attiva in processi di efficientamento energetico, di economia circolare e, in generale, in iniziative e progetti di riduzione dell’impatto ambientale. Seguono quindi Lazio, Piemonte, e Toscana; il fanalino di coda di questa classifica verde è la Valle d’Aosta che ha però un indice di iniziativa tra i più alti.
Lo studio fotografa il cambiamento che attraversa l’Italia, una rivoluzione energetica che porta oggi le fonti rinnovabili a coprire oltre il 32% del fabbisogno energetico elettrico nazionale e il 15% complessivo grazie ad un mix di 700mila impianti da fonti rinnovabili diffusi nel 100% dei Comuni italiani.
Ma la sfida è concreta: “In Italia, le fonti fossili utilizzate per soddisfare i fabbisogni di energia elettrica e termica, come carbone, petrolio e gas, sono responsabili del 24% delle emissioni climalteranti. A queste si aggiungono quelle generate dai trasporti, a cui va un altro 24%, quelle legate al settore residenziale e commerciale per il 17%, quelle del settore industriale con l’11% e del settore agricolo con il 9%”.
La ricerca presenta poi alcune proposte concrete per un uso sostenibile delle risorse del Next Generation EU tra cui la realizzazione di 170 grandi opere che vanno dalla bonifica e messa in sicurezza delle falde, gli impianti per trattare l’organico differenziato, i nodi ferroviari e la bonifica di vaste aree di interesse pubblico.