“Si può morire in città travolti da una betoniera mentre si va in bicicletta?” Se lo chiedono i ‘Genitori Antismog’ di Milano all’indomani dell’ennesimo incidente mortale che ha coinvolto una donna in sella alla sua bici. In un post su facebook l’associazione denuncia una mancanza di sicurezza cronica su cui non si è mai intervenuto.
Anche se è sempre giusto aspettare di conoscere le dinamiche di un incidente, morire in bicicletta in questo modo significa una cosa sola: a Milano la sicurezza sulle strade semplicemente non esiste. C’è un’ “emergenza” in corso, anche se la parola non è quella giusta, perché non si può chiamare emergenza una situazione che si protrae da decenni.
E’ piuttosto un’inerzia, una sottovalutazione continua di un problema che rende Milano non solo invivibile ma ormai anche pericolosa per la stessa vita. Sono passati dieci lunghissimi anni dalla morte di Giacomo Scalmani e mentre dicevamo “mai più” da allora non si è mosso nulla.
Il bivio dunque è sempre lo stesso: dobbiamo scegliere se continuare a sostenere una città in cui i cittadini sono sicuri soltanto se dentro armature di metallo o se provare finalmente a liberare la nostra immaginazione e a credere che una città diversa è possibile. Gli strumenti ci sono tutti e già rodati in tante città europee: ridurre la velocità delle auto, riqualificare lo spazio pubblico, promuovere la cultura della mobilità attiva.
Tutto questo però non si può ottenere se anche noi cittadini non chiediamo compatti all’Amministrazione di fare delle scelte forti, senza paura di scontentare qualcuno. La risposta alla nostra domanda iniziale è quindi che no, non si può morire a Milano travolti da una betoniera, né da auto sempre più simili a carrarmati, assolutamente sproporzionate all’esigenza di muoversi in città.
Ci stringiamo alla famiglia e ai cari di questa giovane donna che ieri ha perso la vita in una maniera inaccettabile.