Una nuova analisi di Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) intitolata “The Dirty Dozen”, mette in luce “come le grandi aziende dei combustibili fossili continuino a ingannare l’opinione pubblica sulla loro effettiva volontà di ridurre l’impatto che hanno sul clima del pianeta. Nonostante i tentativi di greenwashing, infatti, – sottolinea l’associazione – nel 2022 solo lo 0,3% della produzione energetica totale delle dodici principali compagnie petrolifere europee proveniva da fonti rinnovabili”.
La ricerca analizza gli investimenti e le politiche energetiche di quella che viene definita la “sporca dozzina”, cioè le dodici maggiori aziende petrolifere europee, tra cui ENI, Shell, BP e TotalEnergies. Nonostante nel 2022 i profitti di queste aziende siano cresciuti in media del 75%, si legge nel report – gli investimenti sono aumentati solo del 37%. “Inoltre, appena un misero 7,3% degli investimenti è stato destinato alla produzione di energia sostenibile e a basse emissioni di carbonio, mentre il restante 92,7% è servito per alimentare il solito settore del petrolio e del gas fossile”.
“Sebbene la crisi climatica sia sempre più grave, l’industria dei combustibili fossili continua ad aggrapparsi a un modello di business distruttivo”, dichiara Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “I piani di decarbonizzazione delle aziende fossili, oltre a essere inadeguati, si rivelano solo parole vuote: invece di investire davvero nell’energia rinnovabile di cui abbiamo bisogno, ci inondano di pubblicità ingannevoli infarcite di greenwashing. Continuare a investire in gas e petrolio è un crimine contro il clima e le generazioni future. I governi hanno la responsabilità di guidare la transizione energetica, incentivando le fonti rinnovabili e pianificando un rapido abbandono dei combustibili fossili”.
Fra le aziende esaminate c’è anche l’italiana ENI, a cui Greenpeace ha fatto causa lo scorso 9 maggio insieme a ReCommon e a 12 cittadini italiani. Il procedimento non riguarda solo la società ma anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti spa “per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui ENI ha consapevolmente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni”