Meno dell’1% dell’energia prodotta dalle maggiori aziende fossili proviene da fonti rinnovabili

Lo dice una nuova analisi di Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) intitolata “The Dirty Dozen”, che mette in luce "come le grandi aziende dei combustibili fossili continuino a ingannare l’opinione pubblica sulla loro effettiva volontà di ridurre l’impatto che hanno sul clima del pianeta. Nonostante i tentativi di greenwashing, infatti, nel 2022 solo lo 0,3% della produzione energetica totale delle dodici principali compagnie petrolifere europee proveniva da fonti rinnovabili"

GRANGEMOUTH, UNITED KINGDOM - JUNE 17: Tanker drivers working for Shell, return to work after a four day strike June 17, 2008 in Grangemouth, Scotland. The strike, which started on Friday, has left many petrol stations across the country running out of fuel. Another dispute is planned if no deal is reached in the pay dispute. (Photo by Jeff J Mitchell/Getty Images)

Una nuova analisi di Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) intitolata “The Dirty Dozen”, mette in luce “come le grandi aziende dei combustibili fossili continuino a ingannare l’opinione pubblica sulla loro effettiva volontà di ridurre l’impatto che hanno sul clima del pianeta. Nonostante i tentativi di greenwashing, infatti, – sottolinea l’associazione – nel 2022 solo lo 0,3% della produzione energetica totale delle dodici principali compagnie petrolifere europee proveniva da fonti rinnovabili”.

La ricerca analizza gli investimenti e le politiche energetiche di quella che viene definita la “sporca dozzina”, cioè le dodici maggiori aziende petrolifere europee, tra cui ENI, Shell, BP e TotalEnergies. Nonostante nel 2022 i profitti di queste aziende siano cresciuti in media del 75%, si legge nel report – gli investimenti sono aumentati solo del 37%. “Inoltre, appena un misero 7,3% degli investimenti è stato destinato alla produzione di energia sostenibile e a basse emissioni di carbonio, mentre il restante 92,7% è servito per alimentare il solito settore del petrolio e del gas fossile”.

“Sebbene la crisi climatica sia sempre più grave, l’industria dei combustibili fossili continua ad aggrapparsi a un modello di business distruttivo”, dichiara Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “I piani di decarbonizzazione delle aziende fossili, oltre a essere inadeguati, si rivelano solo parole vuote: invece di investire davvero nell’energia rinnovabile di cui abbiamo bisogno, ci inondano di pubblicità ingannevoli infarcite di greenwashing. Continuare a investire in gas e petrolio è un crimine contro il clima e le generazioni future. I governi hanno la responsabilità di guidare la transizione energetica, incentivando le fonti rinnovabili e pianificando un rapido abbandono dei combustibili fossili”.

Fra le aziende esaminate c’è anche l’italiana ENI, a cui Greenpeace ha fatto causa lo scorso 9 maggio insieme a ReCommon e a 12 cittadini italiani. Il procedimento non riguarda solo la società ma anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti spa “per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui ENI ha consapevolmente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni”