L’estate 2022 è stata la stagione più calda registrata in Europa negli ultimi decenni. Lo studio appena pubblicato dall’Istituto di Salute Globale di Barcellona su Nature Medicine stima in 61.672 le morti premature dovute all’ondata di calore dell’estate 2022 in 35 Paesi Europei, con l’Italia al primo posto (18.010 decessi). A spiegare i motivi di quanto riscontrato dai ricercatori spagnoli sono gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima): “La ragione è molto semplice: più del 60% dei 61.000 decessi dovuti al caldo estremo registrati dallo studio appena pubblicato si sono verificati oltre gli 80 anni di età e l’Italia è il paese che in Europa vanta non solo la più elevata percentuale di grandi anziani rispetto alla popolazione generale (il 6,5% degli italiani ha più di 80 anni), ma anche il più alto numero di ultra-ottantenni, vale a dire oltre 3 milioni e mezzo di persone”.
“Il cambiamento climatico aumenta la frequenza e l’intensità delle ondate di calore ed il ristagno dell’aria, con conseguenti ripercussioni in termini di aumento non solo dei livelli dell’ozono, e quindi dello smog fotochimico, ma anche dei livelli di particolato atmosferico, di per sé impattanti sulla mortalità – spiega Alessandro Miani, Presidente Sima – Solo in Italia l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima 66.000 morti premature l’anno dovute alle polveri sottili e ai biossidi di azoto. Le concentrazioni di polveri sottili sono in media di 2,6 µg/m3 più elevate nei giorni di stagnazione dell’aria. Inoltre, le temperature più elevate e la mancanza di precipitazioni che caratterizzano i sempre più lunghi periodi siccitosi determinano un aumento del rischio di incendi, che sono a loro volta una delle principali sorgenti del particolato atmosferico, con effetti visibili anche centinaia di chilometri dal sito d’incendio. Ci sono poi le tempeste di polveri, che portano nel Mediterraneo grandi quantità di particolato atmosferico e che aumentano d’intensità e frequenza all’aumentare dell’inaridimento del suolo e dell’abbassamento della falda acquifera causato dal riscaldamento globale e dall’incontrollato emungimento per attività umane”.
“Gli studi condotti dal’ISGLOBAL di Barcellona hanno evidenziato che ben 43.000 decessi annui potrebbero essere evitati in Europa semplicemente garantendo l’accesso agli spazi verdi stabilito dall’OMS (circa mezzo ettaro entro 300 m di distanza da ciascuna abitazione), mentre ulteriori 10.000 morti premature sarebbero evitate con il solo incremento del bike sharing di un fattore pari al 24%, come da stime calcolate su 167 città europee (su un totale di 75 milioni di persone). E ricordiamo sempre che piantare alberi in città consentirebbe non solo di ridurre il carico di emissioni climalteranti, ma avrebbe anche un impatto positivo sulla salute umana”. – conclude il presidente Sima, Alessandro Miani.