Gli sforzi messi in atto dall’Unione Europea per ridurre l’impronta di carbonio a livello europeo, così come previsto nel quadro del Green Deal europeo, e per diventare sostenibile e climaticamente neutrale entro il 2050 potrebbero essere vanificati da paesi meno attenti alle questioni climatiche.
La delocalizzazione della CO2 è la pratica adottata dalle industrie con elevati livelli di emissioni di gas serra di trasferire la produzione al di fuori dell’UE al fine di evitare la più severa normativa europea sul clima. Poiché questa pratica non fa altro che spostare il problema altrove, gli eurodeputati vogliono arginare il fenomeno attraverso un Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (CBAM).
Si tratta di una tassa sul carbonio che verrà applicata alle importazioni di alcuni beni provenienti da fuori dei confini dell’Unione Europea. Le prime proposte degli eurodeputati sono attese nel corso della prima plenaria di marzo.
Le richieste del Parlamento europeo
Il nuovo meccanismo dovrebbe allinearsi con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e incoraggiare la decarbonizzazione delle industrie europee e non. Entro il 2023 dovrebbe interessare i settori dell’energia e quelli industriali ad alta intensità energetica, che insieme contribuiscono al 94% delle emissioni industriali dell’UE e che, secondo gli eurodeputati, ricevono ancora ingenti assegnazioni gratuite.
I membri del Parlamento europeo sottolineano che il Meccanismo dovrebbe essere progettato con l’unico scopo di perseguire gli obiettivi climatici e la parità di condizioni a livello globale, anziché essere impiegato come uno strumento utile a rafforzare il protezionismo.
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