Nel 2022 i costi energetici sono aumentati fino a 10 volte rispetto al periodo pre-Covid, fornendo un nuovo stimolo all’adozione di soluzioni per l’efficienza dei consumi. Tuttavia nel settore civile ci sono stati investimenti per l’installazione soprattutto di caldaie a condensazione e sistemi fotovoltaici, favoriti dai vari incentivi edilizi, che vanno nella direzione virtuosa di produrre energia pulita, ma non di razionalizzarne l’utilizzo.
Nel settore industriale, l’aumento degli investimenti è stato di quasi il 14% (2,2 miliardi di euro in totale), in linea con il periodo 2016-2019. Anche in questo caso però, gli interventi riguardano principalmente impianti di cogenerazione e fotovoltaici, con una modesta crescita del 22,3% per soluzioni digitali come sistemi di sensoristica e piattaforme di gestione dei dati. Queste ultime sono indispensabili per monitorare e ridurre i consumi energetici.
Sono alcuni dei dati contenuti nell’Energy Efficiency Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato il 15 giugno in un convegno a cui hanno preso parte le numerose aziende partner della ricerca. L’Italia, anche grazie al clima mite (ma scontando il quadro normativo meno efficace), si caratterizza per un buon livello globale di efficientamento energetico, al 14° posto tra i 27 Paesi appartenenti alla UE (progetto Odysee Mure) e con un valore medio in termini di Energy Intensity Index (rapporto consumi/PIL) inferiore di circa l’11% a quello europeo nel 2021; eppure, considerando il periodo 2013-2021, il miglioramento è tre volte più lento, tanto da “farci raggiungere” da Germania, Spagna e Francia.
L’aumento dei costi energetici ha influenzato negativamente la capacità di spesa delle imprese e delle famiglie, limitando gli investimenti. Di conseguenza, molte hanno preferito adottare tecnologie di produzione di energia da fonti rinnovabili, come i pannelli fotovoltaici. Questa scelta è motivata dalla tempestività del ritorno sull’investimento e dalla possibilità di sostituire interventi di efficientamento. Tuttavia, l’industria ha anche introdotto la cogenerazione e il recupero dei cascami termici nel processo produttivo. Al contrario, le soluzioni digitali e intelligenti, che rappresentano la vera chiave di volta per monitorare e ridurre i consumi, sono state meno adottate in Italia. Il risultato è che il paese sta procedendo in questa direzione a un ritmo tre volte inferiore rispetto alla media europea.
“È di certo necessaria un’accelerazione sia per raggiungere gli attuali obiettivi di riduzione dei consumi entro il 2030, come stabilito nel PNIEC e soggetto ad adeguamenti, sia per soddisfare gli obiettivi più ambiziosi di efficienza energetica stabiliti dall’Unione Europea”, commenta Federico Frattini, vicedirettore dell’Energy&Strategy. Tali obiettivi si concentrano principalmente sul miglioramento delle prestazioni energetiche e sulla decarbonizzazione degli edifici entro il 2050. Essi rappresentano obiettivi comuni a livello comunitario, ma potrebbero rappresentare una sfida per l’Italia se non sostenuti adeguatamente da politiche chiare e stabili, che tengano conto delle peculiarità del patrimonio immobiliare nazionale. Non va dimenticato che il 65% dei consumi energetici in Italia proviene dagli edifici adibiti ad uso abitativo o uffici, che in media sono piuttosto vecchi e privi di infrastrutture digitali adeguate.
“La decarbonizzazione dell’edilizia – continua Frattini – deve passare attraverso un approccio multi-tecnologico fatto di elettrificazione, efficienza, fonti energetiche green e gestione intelligente dell’energia. Pompe di calore e sistemi BEMS (Building Energy Management Systems) rappresentano elementi fondamentali in questa transizione. Non si può prescindere dalla componente digitale, da soluzioni smart in grado di offrire, tramite l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale e machine learning, diagnosi, analisi dei dati e predizioni che non solo ottimizzino l’uso dell’energia, ma contribuiscano al benessere degli occupanti. Sia negli gli edifici civili che in quelli industriali: secondo un’indagine che abbiamo condotto, infatti, nei prossimi 5 anni questo tipo di soluzioni passerà dall’attuale 11% al 27% del totale degli investimenti delle imprese, e in ambito residenziale dall’8% al 16%. Per favorire questa trasformazione vanno mantenuti gli incentivi, che però devono essere in qualche caso corretti, razionalizzati (ce ne sono troppi e in conflitto) e resi stabili, come si auspicano gli operatori del settore”. Il venire meno del credito d’imposta, però, avrà certamente un impatto negativo.