Tra le conseguenze meno dibattute della crisi climatica c’è forse quella dell’aumento dei prezzi al dettaglio, che Consumerismo No profit ha definito in maniera inequivocabile “inflazione climatica”. L’associazione per la tutela dei consumatori, che si occupa del tema da tempo, ha calcolato che in Italia i cambiamenti climatici determinano una stangata annua, per i soli acquisti alimentari, fino a 4,7 miliardi di euro.
“Il cambiamento climatico impatta sulle risorse, sull’agricoltura, sulle infrastrutture e sulla produzione di energia, comportando un aumento dei costi generali che a sua volta influenza i prezzi dei beni e dei servizi offerti al pubblico – spiega Consumerismo – Ad esempio, il costo di un bene agricolo aumenta a causa di una minore disponibilità di produzione dovuta a un cambiamento climatico negativo, come sta accadendo da molti mesi a numerose tipologie di ortaggi o frutta. Persino i prezzi di alcuni servizi essenziali come trasporti, forniture di acqua, gas ed elettricità, sono fortemente soggetti ad eventi estremi”.
“Nel solo settore alimentare i cambiamenti climatici influiscono fino al +3,2% sui prezzi al dettaglio, con un aggravio di spesa in media pari a +246 euro annui per una famiglia con due figli solo per l’acquisto di cibi e bevande, e una stangata complessiva sugli italiani, a parità di consumi, di circa 4,7 miliardi di euro all’anno. Se poi si considera il maggior uso di condizionatori e ventilatori per difendersi dalle ondate di caldo, l’impatto del caldo in bolletta – alle attuali tariffe elettriche – è di circa 110 euro annui a nucleo, oltre 2,8 miliardi di euro considerata la totalità delle famiglie italiane”.