Calvino nelle sue Lezioni americane parlava della peste del linguaggio; Habermas, invece parla di “distorsione e di manipolazione della comunicazione”. La narrazione sulla necessità dell‘inceneritore di Roma è frutto di questa patologia con impatti rilevantissimi su democrazia e organizzazione del futuro. Leggendo il modo in cui il Tar ha bocciato i ricorsi di comitati ed associazioni contrari comprendiamo come questa narrazione falsata rischi di fuorviare lo stesso ruolo di “terzietà” di soggetti istituzionali che dovrebbero attenersi in modo imparziale a dispositivi normativi vigenti e cogenti, che, nel caso della gestione dei rifiuti, sono sempre più volti all’economia circolare e al recupero di materiali.
Noi rispettiamo i giudici ma ci sembra che risultino vittime (non vogliamo pensare complici) dei trucchi retorici sottolineati in apertura. Questo inceneritore e il dispositivo del commissariamento, che quale effetto collaterale produce azzeramento delle prerogative della Regione e dei Comuni, si fondano sull’asserzione truccata che tale impianto ha lo scopo di salvare Roma dai rifiuti non solo dei romani ma soprattutto della folla dei pellegrini in arrivo per il Giubileo (35 milioni nel 2025). Si stima che con 105 milioni di presenze risulteranno circa 150mila tonnellate di rifiuti che si aggiungeranno alle quasi 700mila correnti, invadendo la Capitale.
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