“Caro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per dar avvio ad un efficace Green New Deal e accelerare nel Paese la transizione ecologica, energetica e sociale non basta un decreto clima. Servono subito scelte in discontinuità, nuovi investimenti e politiche di lungo periodo capaci di guidare la transizione nei diversi settori produttivi e nei territori. La manovra finanziaria rappresenta il banco di prova per dare gambe a questa svolta green e rilanciare l’economia e i territori, aggredire le disuguaglianze e aumentare la giustizia sociale. In che modo? Intervenendo in tre ambiti fondamentali: spostando la fiscalità sulle fonti fossili, riformando le concessioni sui beni comuni e ambientali e investendo sempre di più su economia circolare e fonti rinnovabili. Le risorse per mettere in campo una ambiziosa politica ambientale esistono già nel bilancio dello Stato, a partire dagli oltre 19 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi che riguardano settori strategici come trasporti, industria, agricoltura, usi civili e che devono trasformarsi in investimenti in innovazione ambientale a vantaggio delle imprese e delle famiglie e delle fasce più vulnerabili della popolazione”.
Sono queste in sintesi le proposte green alla finanziaria 2020 che Legambiente, in collaborazione con il Forum Disuguaglianze e Diversità, di cui è una delle otto organizzazioni promotrici, ha presentato oggi a Roma alla presenza di diversi rappresentati politici e istituzionali tra cui il Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, Antonio Misiani Vice Ministro dell’Economia, Rossella Muroni Commissione Ambiente Camera, Capogruppo LEU, Gianni Girotto Presidente Commissione Industria del Senato, M5S, Gian Paolo Manzella Sottosegretario, Ministero dello Sviluppo Economico, Francesco Venturini, AD Enel X, Enrico Giovannini Portavoce Asvis, Luca Bianchi Direttore Svimez.
Proposte che l’associazione ambientalista ed il Forum hanno rilanciato – con un appello chiaro e deciso – al Presidente del Consiglio Conte chiedendo al Premier e al suo Esecutivo di passare dalle parole ai fatti con un coraggio che è mancato nel decreto Clima approvato pochi giorni fa in Cdm, che rappresenta solo un piccolissimo passo rispetto alla sfida che abbiamo davanti per fermare l’impatto dei cambiamenti climatici che già oggi colpiscono in particolare le persone più vulnerabili. Nel documento si sottolinea come occorra definire una strategia chiara di cambiamento e aprire un confronto con i cittadini, le imprese, i territori. Nella quale spostare il peso della tassazione dal lavoro al consumo di risorse ambientali, differenziandola in funzione di quanto si inquina, cancellando i sussidi contro l’ambiente, ridisegnando la fiscalità – accise, aliquote Iva e tassazione – sulla base dell’impatto ambientale e sociale, premiando innovazione ambientale e efficienza, garantendo il diritto di fruire dei benefici di questi interventi a tutte le fasce della popolazione (compresi i più poveri che fino ad oggi ne sono rimasti esclusi), ristabilendo regole che garantiscano una corretta gestione di beni comuni e ambientali e adeguando i canoni per le cave, le acque minerali, le concessioni balneari, abolendo le proroghe senza gara delle concessioni autostradali e investendo le risorse provenienti dai pedaggi autostradali per interventi di manutenzione stradale e per le nuove infrastrutture di mobilità sostenibile. E poi adeguando le royalties per le estrazioni di petrolio e abrogando le esenzioni sotto soglia, cancellando per le imprese la deducibilità delle royalties versate dalle Regioni.
Puntando sui tre “ambiti” indicati nella proposta: già nel 2020 lo Stato potrebbe recuperare oltre un miliardo di euro da rendite ai danni dell’ambiente e sussidi alle fonti fossili che possono essere investiti in interventi di cui il Paese ha urgente bisogno. Intervenendo con gradualità, si può stimare che queste entrate possano arrivare nel 2025 a 2,5 miliardi di Euro semplicemente applicando i canoni in vigore negli altri Paesi europei. La revisione della fiscalità legata a obiettivi ambientali, la riconversione dei sussidi alle fossili in incentivi e investimenti green, l’introduzione di una carbon tax, potrebbero permettere di recuperare risorse, crescenti da destinare per metà agli investimenti green e per metà alla riduzione della fiscalità sul lavoro in particolare per chi guadagna di meno. Tutto ciò permetterebbe complessivamente al 2030 di arrivare a mobilitare risorse per oltre 50 miliardi di Euro all’anno, tra fondi europei e nazionali, per muovere davvero la transizione energetica. Ma non basteranno nuove risorse, serve anche un cambio delle politiche e delle priorità, perché sono fermi i cantieri che servono ossia quelli di metropolitane e tram, impianti eolici e fotovoltaici, di riqualificazione energetica degli edifici e messa in sicurezza del territorio, che potrebbero avere un effetto importante sul fronte sia della giustizia ambientale che della giustizia sociale, mentre anche questo Governo sembra puntare su strade, autostrade e centrali a gas. Per questo Legambiente e Forum hanno individuato 10 obiettivi per ridefinire le politiche pubbliche, che rappresentano altrettante missioni su cui focalizzare gli investimenti green. Tra le priorità si chiede che venga stabilito il coordinamento delle politiche per la transizione ecologica e sociale presso la presidenza del consiglio, che si investa nell’informazione e creazione di opportunità di riduzione della spesa energetica per chi ne ha più bisogno, che si rilancino gli investimenti dei Comuni, senza dimenticare di aiutare i territori e le imprese interessate da crisi industriali con la chiusura delle centrali a carbone convogliando qui le risorse europee previste nella nuova programmazione 2021-2027 e creare opportunità di bonifica, riqualificazione e creazione di nuove attività.
Uno scenario di cambiamento ambientale che deve essere impostato con grande attenzione, perché i vantaggi e le opportunità che può aprire non riguardano automaticamente tutti. Servono politiche attente a evitare che alcuni luoghi e lavoratori paghino le conseguenze della chiusura di centrali e produzioni inquinanti, e che il taglio dei sussidi alle fossili sia accompagnato da incentivi per dare la possibilità a tutti di scegliere le alternative sostenibili nei diversi settori. Bisogna scongiurare il rischio che si allarghi il divario delle possibilità tra chi si potrà permettere di cambiare – con una casa certificata, il solare, l’auto elettrica, prodotti biologici, ecc – e chi si troverà a pagare di più per i servizi, l’abitazione in cui vive e per muoversi, senza vedere alcun miglioramento e con il rischio di perdere il lavoro. Con questo documento di proposte Legambiente, insieme al ForumDD, vuole aprire un confronto sulle scelte che l’Italia dovrà intraprendere per accelerare una transizione ecologica guidata da obiettivi di giustizia sociale e con interventi che favoriscano le fasce più deboli. Senza dimenticare che due sfide sono fondamentali in questa partita: coinvolgere le famiglie e creare opportunità di cambiamento che siano davvero per tutti ed insieme investire sulla capacità della pubblica amministrazione di qualificare la domanda pubblica e di sostenere l’innovazione adottando criteri di sostenibilità ambientale e sociale.
“La transizione energetica è una grande opportunità – spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – di rilancio industriale e economico per un Paese come l’Italia. Tutti gli studi e i dati confermano che investire in questa direzione conviene. Lo dimostra la crescita di nuove imprese e dell’occupazione nei settori che più stanno andando in una direzione dove si tiene assieme qualità e innovazione: dal turismo all’agricoltura biologica, dal mondo del riciclo a quello dell’efficienza energetica. Le scelte di investimento in campo ambientale oggi hanno molto a che fare con il rilancio dell’economia, la disoccupazione, l’attrattività del nostro Paese per chi vuole investire o scegliere di venire a vivere in Italia o rimanerci. Oggi questa prospettiva è ancora più credibile per gli impegni presi dalla nuova Commissione Europea guidata da Ursula Von der Leyen, che ha annunciato di voler fare del Green New Deal una priorità strategica, per la quale prevedere fino a un miliardo di Euro di investimenti in dieci anni e una più forte ambizione rispetto agli obiettivi. Con questa iniziativa insieme al Forum delle Diseguaglianze vogliamo aprire un confronto per accelerare in una transizione ecologica guidata da obiettivi di giustizia sociale”.
“È stata per noi del ForumDD un’occasione sfidante collaborare proprio con Legambiente, che di ForumDD è parte, mettere in pratica, con proposte concrete, l’idea che con forza abbiamo condiviso: che giustizia sociale e ambientale vadano per forza assieme, anzi, che siano parte della stessa cosa, la libertà sostanziale di ogni persona di vivere la vita che è nelle proprie corde vivere e di salvaguardare anzi ampliare questa libertà per chi viene dopo di noi. Sono proposte ambientali di cui proprio i ceti deboli sono i primi beneficiari. Un cambio di passo”, sostiene Fabrizio Barca, Coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità.
Tornando alle proposte green, alcune sono a costo zero come quella di aprire all’autoconsumo collettivo di energia da rinnovabili, per consentire lo scambio nei condomini e nei distretti, come oggi consentono le Direttive europee. Altre permettono di dare certezza agli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, a cominciare dal patrimonio pubblico e dall’edilizia sociale. Altre ancora di ridurre l’Iva per beni e servizi con valore ambientale e sociale – ad esempio sul pellet, i latti di origine vegetale, il biometano, la sharing mobility, le attività di riparazione e recupero di beni, i pannolini e gli assorbenti. La spinta all’economia circolare nelle proposte passa invece per una giusta tassazione per il conferimento a discarica, per favorire il recupero e riciclo, e per aprire un mercato dei beni riciclati attraverso una forte spinta agli acquisti verdi da parte delle pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda i canoni per le cave, le acque minerali e le concessioni balneari si tratta di adeguare la tassazione a standard europei e di semplice buona gestione di beni che sono pubblici e delicati. Ad esempio per l’acqua minerale si passerebbe da un canone medio di 0,1 centesimi al litro a 2 centesimi, a fronte di margini di guadagno che oggi sono miliardari. Stessi obiettivi per le attività estrattive dove i canoni in media arrivano al 2,3% dei prezzi di vendita dei materiali estratti con 3 Regioni (Valle d’Aosta, Basilicata e Sardegna) in cui cavare è gratuito. Anche qui l’intervento sarebbe graduale con un canone minimo in tutta l’Italia del 10% dei prezzi di vendita di tutti i materiali estratti da cava, per arrivare come nel Regno Unito nel 2025 al 20%.