Legambiente: “Nuovo inceneritore o ampliamento del Gerbido? Al Piemonte non serve”

Secondo l'associazione ambientalista, i dati contenuti nel PRUBAI dimostrano che un nuovo inceneritore a servizio della Regione non è necessario e si dice stupita delle uscite stampa che parlano con certezza di un ampliamento dell’impianto del Gerbido, nonostante sia in corso un processo tecnico per definire l’eventuale localizzazione. "Con altrettanto stupore accogliamo il dimensionamento dell’impianto paventato: 250mila tonnellate/anno sarebbero un sovradimensionamento che porterebbe ad ingessare tutto il sistema di gestione rifiuti regionale, con un forte impatto sulle emissioni di CO2 regionali, in totale disaccordo con le indicazioni Ue"

Legambiente inceneritore Gerbido Piemonte

In Piemonte si torna a discutere di inceneritori, e lo scenario sta già sollevando dubbi e critiche. Il PRUBAI, il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti, prevede in due dei quattro scenari ipotizzati la costruzione di un nuovo impianto di incenerimento. Diverse città si sono già fatte avanti per ospitarlo: tra queste, Torino, che propone una nuova linea per l’inceneritore del Gerbido, e Asti e Ghemme, che puntano invece alla costruzione di un impianto ex novo.

Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta ha preso una posizione netta contro un nuovo inceneritore, definendola incompatibile con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di economia circolare che l’Unione Europea ci invita a perseguire.

Per Alice De Marco, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, parlare oggi di nuovi inceneritori è un errore strategico e culturale.

“Nel 2025, ragionare su nuovi impianti di smaltimento rifiuti in una regione che ha raggiunto solo di recente gli obiettivi fissati per il 2012 è assurdo. Continuiamo a guardare al passato invece di investire in soluzioni innovative e sostenibili, come la riduzione dei rifiuti, il riuso e il riciclo”.

Secondo De Marco, la costruzione di un nuovo impianto non solo non risolverebbe i problemi legati alla gestione dei rifiuti, ma sarebbe un vero e proprio freno alla transizione verso l’economia circolare. Le risorse, infatti, dovrebbero essere destinate a rendere più efficaci la raccolta differenziata, la tariffazione puntuale e il riciclo, piuttosto che a costruire strutture che contribuiscono all’aumento delle emissioni di CO2.

“Un inceneritore è un passo indietro. Si rischia di bloccare lo sviluppo di sistemi più avanzati ed efficienti, con l’aggravante di un costo economico altissimo per i cittadini. E chi lo pagherà?”

Le preoccupazioni di Legambiente includono anche il rischio che il progetto venga escluso dai finanziamenti europei, perché non in linea con il principio “Do No Significant Harm” (non arrecare danni significativi all’ambiente). Inoltre, a partire dal 2026, gli inceneritori saranno soggetti all’Emission Trading Scheme, con costi aggiuntivi che potrebbero superare gli 80 euro per tonnellata di CO2 emessa.

Anche analizzando i numeri forniti dal PRUBAI, Legambiente sottolinea come un nuovo inceneritore non sia necessario.

“Gli obiettivi fissati dal piano regionale per il 2035 sono chiari: 82% di raccolta differenziata e una produzione annuale di 2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Con questi dati, non c’è alcun bisogno di aumentare la capacità di smaltimento”, spiega Sergio Capelli, Direttore di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta.

Due dei quattro scenari ipotizzati dal piano prevedono l’inceneritore:

  • Nel Scenario A, che punta a massimizzare l’incenerimento, il deficit di smaltimento sarebbe di poco più di 50.000 tonnellate all’anno, una quantità gestibile con le strutture già esistenti.
  • Nel Scenario B, che si basa sull’uso di impianti di trattamento meccanico-biologico (TMB) e sulla produzione di combustibile solido secondario (CSS), la capacità attuale risulterebbe addirittura sovradimensionata.

Costruire un nuovo impianto, per Capelli, significherebbe bloccare ogni progresso verso una gestione più sostenibile dei rifiuti e aumentare le emissioni di CO2, in un momento in cui la decarbonizzazione è una priorità mondiale.

“Un inceneritore emette almeno una tonnellata di CO2 per ogni tonnellata di rifiuti bruciati, con un’efficienza energetica molto bassa. Come possiamo giustificare una scelta del genere in un contesto globale in cui il cambiamento climatico è sempre più urgente?”

Legambiente critica anche l’ipotesi di ampliare l’inceneritore del Gerbido, a Torino, definendola incoerente con gli impegni presi dalla città nell’ambito del “Climate City Contract” firmato con l’Unione Europea.

“Torino si è impegnata a ridurre le emissioni e a promuovere la sostenibilità, ma come può giustificare un progetto che va nella direzione opposta? Questo, mentre il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, con 351 eventi climatici estremi solo in Italia e costi economici devastanti.”

Legambiente invita le istituzioni a ripensare le priorità, abbandonando l’idea di un nuovo inceneritore e concentrandosi invece su strategie più sostenibili.

“Riduzione, riuso e riciclo sono le parole chiave per costruire un sistema davvero circolare. Ogni risorsa investita in un inceneritore è una risorsa sottratta a un futuro più sostenibile,” conclude Alice De Marco.