Il nuovo Piano regionale di gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate (PRUBAI) si basa sulla previsione al 2035 di produzione di 2 milioni di tonnellate/anno di rifiuti prodotti. Questo, come spiegato da Sergio Capelli di Legambiente Piemonte Valle d’Aosta, è “il primo grande difetto”. Il dato è stato infatti ricavato auspicando una produzione di 454 kg/abitanti anno per una popolazione di 4.400.000 residenti. A oggi, i residenti in Piemonte sono 4.275.000 e il dato è in costante calo dal 2013. “Se questo trend dovesse essere confermato, come è lecito aspettarsi dalla serie storica – dice Capelli – a parità di produzione pro-capite, il fabbisogno di smaltimento diminuirebbe di oltre 50.000 tonnellate anno”. Questo renderebbe di fatto non necessaria la realizzazione di un secondo impianto di incenerimento rifiuti, come previsto nello scenario B del PRUBAI.
Legambiente si è detta molto preoccupata dal Piano della Regione Piemonte, definendolo un piano che è nato già vecchio, anche a fronte del nuovo regolamento UE sugli imballaggi, e che di fatto “si pone agli estremi confini dell’economia circolare”. Ecco che cosa emerge
Abbiamo intervistato Sergio Capelli che ha analizzato il documento seguendo il percorso della direttiva europea 2008/98/EC sulla gerarchia delle azioni nella gestione dei rifiuti. Ecco le principali criticità emerse:
- Riduzione dei rifiuti: il PRUBAI cancella de facto la prevenzione dalle attività messe in campo. L’obiettivo fissato per il 2035 di 2.000.000 di tonnellate di Rifiuti Totali prodotti a livello regionale, a seconda delle varie ipotesi demografiche (min e max), si attesterà tra il 454 e i 476 kg/abitante anno. Rivalutando il dato con il metodo di calcolo con cui fu fissato l’obiettivo, arriviamo ad una produzione di rifiuti pro-capite che oscillerebbe fra i 422 e i 444 kg/anno al 2035. L’obiettivo oggi fissato nell’attuale normativa Regionale è pari a 400 kg/abitante anno al 2030. Si sono dunque fissati obiettivi fortemente peggiorativi di quelli vigenti. Il semplice mantenimento dell’obiettivo attualmente vigente (e la messa in campo di azioni realmente volte al suo perseguimento) renderebbe il Piemonte pressoché autosufficiente per lo smaltimento degli RSU con il solo termovalorizzatore ad oggi esistente, quello del Gerbido, rendendo inutile un nuovo impianto.
A oggi, i Consorzi che hanno centrato l’obiettivo dei 454 kg/ab. Anno sono tre: Consorzio Chierese Servizi (429 kg/ab. anno), Bacino 16 (451 kg/ab. anno) e CISA (450,8 kg/ab. anno).
Porre un obiettivo inferiore a quello già raggiunto dal 14% dei Consorzi piemontesi è un’operazione che rischia di sprecare il lavoro già fatto, non stimolando al miglioramento. - Riutilizzo/Riuso: non sono contenuti nel documento dati numerici che permettano di andare oltre ad una generica “promozione” del riutilizzo e del riuso. Non sono fissati obiettivi ma indicate stime, non sono identificate modalità di perseguimento, non sono indicate scadenze temporali. Da uno strumento di pianificazione, in particolare da uno che voglia veramente perseguire questi obiettivi, ci si attenderebbero tutti questi elementi. Scelta anacronistica in quanto il Regolamento Europeo sugli imballaggi attualmente in fase di approvazione, fisserà una quota significativa di riuso, nella prima stesura pari ad un 10% da raggiungere entro il 2030. Riteniamo che il PRUBAI debba tenere conto di questo cambiamento di impostazione, e che la stima del contributo del riuso al 2035 in esso contenuta (pari allo 0,46%) sia anacronistica.
- Preparazione al riciclo e riciclo (raccolta differenziata): si individuano come target assoluti gli obiettivi minimi di riciclo materia imposti dalla normativa europea. Una scelta estremamente conservativa e poco coraggiosa. Passando alla raccolta differenziata: dato per scontato che un riciclo di qualità è tanto più facilmente ed economicamente raggiungibile quanto è maggiore la qualità della raccolta differenziata, lascia stupiti come la Regione Piemonte prenda in esame modalità di raccolta (ad esempio le ecoisole a riconoscimento utente, definite in maniera fuorviante “raccolta domiciliare esternalizzata”) per le quali ad oggi non è disponibile nessun dato sulla qualità del materiale raccolto né è possibile, come sottolineato dalla Città Metropolitana di Torino, effettuare controlli su eventuali comportamenti non aderenti ai regolamenti comunali. Auspichiamo che la Regione Piemonte richieda tali dati, procedendo ad un’analisi accurata e ad una validazione di tale metodologia di raccolta.
Sarebbe inoltre opportuno che la Regione utilizzasse tutte le leve in suo potere per aumentare quantità e qualità della raccolta differenziata, a partire dalla scelta delle modalità di raccolta incentivate, per arrivare alla tariffazione puntuale (che la Regione Sardegna, ad esempio, ha reso obbligatoria su tutto il suo territorio a partire dal 2024), partendo dalle esperienze virtuose presenti sul territorio regionale. - Secondo inceneritore. A cosa serve? Capelli si è inoltre soffermato sul discorso dello smaltimento rifiuti e in modo particolare sull’ipotesi di un secondo impianto di incenerimento da realizzare nel Sud-Est o nel Nord-Est della Regione. “Secondo i dati riportati dal PRUBAI (aggiornati alla percentuale del 18,5% di scarti a valle del riciclo, con una percentuale dell’80% di raccolta differenziata e una produzione di 2.000.000 di tonnellate di rifiuto annuo) – spiega Capelli – il fabbisogno di smaltimento sarà di 696.000 tonnellate/anno (640.000 nel caso di scarti al 15%). A fronte di un trattamento di 565.022 tonn/anno da parte dell’inceneritore del Gerbido di Torino (fonte Bilancio di Esercizio TRM 2021), tale fabbisogno scenderebbe a 133.800 tonn/anno (75.000 nel caso di scarti al 15%). Riteniamo la gestione, o meglio l’eliminazione, di tale fabbisogno attraverso l’azione sui passaggi a monte (a partire dalla prevenzione, per arrivare al riuso ed infine ad un miglioramento della raccolta differenziata) perseguibile, più in linea con gli obiettivi europei, più efficace e più sostenibile economicamente, ambientalmente e dal punto di vista sanitario”.
Inoltre, come evidenzia Legambiente la normativa europea impone un -55% di emissioni climalteranti entro il 2030 e un azzeramento entro il 2050. La scelta di un nuovo impianto di incenerimento rifiuti è evidentemente in contrasto con il percorso tracciato dalla norma: l’impronta di carbonio dell’incenerimento è compresa tra i 650 e gli 800 grammi di CO2 fossile per ogni kWh prodotto, quello medio di produzione energetica europea è di circa 250.