di Camilla Zinnarosu
Quando ho ricevuto il messaggio con l’orario e il luogo dell’appuntamento per partecipare come volontaria nel progetto RePoPP ero un po’ agitata. Ho avuto altre esperienze di volontariato, soprattutto in adolescenza, quando insieme al mio gruppo scout ci siamo occupati spesso della raccolta di abiti per i bisognosi che facevano domanda alla parrocchia, ma si è sempre trattato di dare una mano nel pubblicizzare l’evento o donare noi stessi qualcosa senza mai partecipare in prima persona.
Tutta l’ansia e l’agitazione si sono dissolte però appena ho incontrato i volontari con i quali avrei dovuto lavorare per le due ore successive. Mi sono trovata subito accolta in un gruppo che non mi ha fatta sentire nemmeno per un attimo l’ultima arrivata, ma che anzi mi ha raccontato con il sorriso sulle labbra il lavoro che avremmo svolto. Si trattava di andare in giro per il mercato poco prima dell’orario di chiusura e raccogliere dagli stand degli ambulanti i beni alimentari che altrimenti sarebbero stati buttati.
Così abbiamo iniziato il nostro giro al mercato di Santa Rita e, tra vecchie conoscenze del progetto e nuovi ambulanti curiosi, abbiamo recuperato oltre 200 kg di eccedenze alimentari dai banchi del mercato. Mi ha commosso vedere la gioia con cui i proprietari dei banchi ci chiamavano e donavano la loro merce per aiutare la comunità.
Mentre le prime persone iniziavano ad avvicinarsi per prendere il proprio posto in coda, l’invenduto della giornata recuperato è stato sistemato nelle cassette e diviso in modo che ognuna contenesse un insieme di frutta, ortaggi, pane e formaggi che potesse aiutare una famiglia per almeno due giorni. Il cibo è stato poi distribuito in loco a tutte le persone che hanno atteso il proprio turno a fine mercato, cercando di assecondare le richieste e le preferenze sia dei nuovi arrivati che delle vecchie conoscenze dei volontari.
É allora che ho pensato che tutta l’agitazione e le preoccupazioni avute durante il giorno non avessero senso di esistere. Ho avuto la possibilità di aiutare delle famiglie in difficoltà economica offrendo loro, oltre alla cassetta riempita con il cibo raccolto, anche un contatto umano, un conforto o una chiacchierata.
Nel mio piccolo ho cercato di comprendere le reali difficoltà giornaliere che le persone che hanno usufruito del servizio devono affrontare, cercare di conoscerle e farmi conoscere, perché molto spesso l’emarginazione non è esclusivamente un problema economico ma anche di solitudine.
Alla fine della mia prima giornata da volontaria, quello che mi sono portata a casa la sera è un senso di gioia immensa e la sensazione di aver messo a disposizione degli altri la parte migliore di me. Forse è proprio questo il senso del volontariato, perché ogni volontario ha la propria personalità, i propri pregi e difetti, sono persone comuni, che, come tutti, hanno degli impegni, il lavoro, lo studio, ma indipendentemente da come sia andata la loro giornata, una volta indossata la pettorina rossa fanno del proprio meglio per essere concretamente di aiuto alle altre persone.
Tutta la fatica fisica provata durante il lavoro è stata ripagata dal primo grazie ricevuto.