Pubblichiamo l’intervento del direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, su Il Manifesto che l’autore ha pubblicato integralmente anche su facebook:
Il Ministro Roberto Cingolani, invitato da Matteo Renzi, attacca frontalmente gli «ambientalisti radical chic» e parla di nucleare che se è sicuro è folle non prendere in considerazione. Lo scorso giugno le richieste di connessione alla rete elettrica di impianti rinnovabili erano di 125 GW. Ma le aste contingentate delle rinnovabili continuano ad andare quasi deserte perché gli investitori si attendono una semplificazione amministrativa che renda più certi i tempi autorizzativi.
Del resto, quella della semplificazione amministrativa è uno degli elementi di riforma previsti dal Pnrr e su cui il Ministro Cingolani si è più volte espresso citando anche l’obiettivo di portare al 72 per cento la quota di rinnovabili al 2030, obiettivo che, come Greenpeace, condividiamo.
Ma, al momento, non accade nulla. Una campagna anti-rinnovabile – questa sì pseudo-ambientalista e radical chic – peraltro si è levata con alcuni dei commentatori legati alle fonti fossili contro l’eolico e il solare, con argomenti capziosi e con numeri a capocchia, mentre proprio le rinnovabili potrebbero aumentare l’occupazione e produrre un reddito energetico a comunità, piccole imprese e aziende agricole come accade altrove. E persino l’Agenzia internazionale dell’energia di Parigi ha ammesso, dopo vent’anni di sottovalutazioni, che il solare è l’energia più economica mai prodotta.
I «lor signori» del gas e del petrolio, che già avevano tuonato contro le rinnovabili quando hanno perso quote di mercato del gas, riuscendo a bloccarle per dieci anni, continuano a osteggiare le rinnovabili. E si capisce perché: aziende come Eni hanno obiettivi assolutamente marginali al 2030 rispetto a quello che dovrebbe essere il ruolo di grandi aziende energetiche. In quest’impasse, il Ministro di nuovo straparla di nucleare mentre dovrebbe ricordarsi che ci sono già stati due referendum sul nucleare nel nostro Paese. L’aveva fatto già citando la fusione, che è ancora allo stadio di ricerca e per la Commissione europea, che finanzia il progetto Iter, non ci si aspetta alcuna produzione commerciale prima del 2050.
Poi ha parlato di mini-reattori, su cui alcuni puntano anche perché serviranno per aggiornare le flotte di sottomarini nucleari e di portaerei. Ma che, dopo decenni in cui si è cercato invano di tagliare i costi del nucleare alzando la potenza dei reattori, ci si riesca miniaturizzandoli appare un nonsense.
Il «rinascimento nucleare» fu lanciato da George W. Bush nel 2001. Ad oggi nessun nuovo reattore è entrato in funzione, due sono ancora in costruzione a costi esorbitanti e altri due cancellati dopo miliardi spesi, mentre l’azienda proprietaria della tecnologia Toshiba-Westinghouse qualche anno fa è fallita. Stessa sorte della francese Areva andata in default per la costruzione, tuttora non ultimata, di un Epr in Finlandia, mentre la francese Edf ha in costruzione un altro Epr anch’esso in ritardo e con costi quadruplicati.
Dunque, Stati Uniti e Francia, che hanno un’industria in attività, non riescono a costruire impianti di «terza generazione plus» e il ministro Cingolani parla di quarta generazione (ancora in fase di ricerca) in Italia, dove non c’è più una filiera nucleare da tempo. Lo fa perché forse non riesce ad applicare quello che ha anche scritto nel Pnrr: sbloccare le rinnovabili. Parlare di nucleare serve solo a buttare la palla in calcio d’angolo e a sviare l’attenzione sull’immobilismo del governo.
Come abbiamo già scritto in queste pagine, il paradosso in cui siamo invischiati è dimostrato dalle iniziative più innovative che vengono da alcuni stati americani: non solo dalla democratica California, ma anche dalle trumpiane Florida e Texas e altri stati ancora: aziende private (tra cui una importante italiana) investono in impianti solari e megabatterie che rilasciano parte della sovraproduzione rinnovabile nelle ore serali. Va ricordato peraltro che negli Stati Uniti il prezzo industriale dello shale gas è circa un terzo rispetto a quello del gas in Italia. Dunque abbiamo davvero un Ministro della «Finzione Ecologica», che serve a mantenere l’Italia attaccata alla canna del gas, come desiderano lor signori, perdendo tempo a blaterare di nucleare.