Una piccola parte della verdura recuperata nei mercati dal progetto RePoPP viene destinata alla “cucina ecomora”. Si tratta di un’iniziativa nata all’interno del Mercato Centrale Torino (piazza della Repubblica 25, Porta Palazzo) e che ora – in zone arancione e rosse – prosegue nelle cucine del Cecchi Point e di via Baltea. È stato soprattutto il giovane cuoco torinese-londinese Stefano Mino a dare la spinta alla cucina con altri cuochi “ecomori”. Ebbene, la maggior parte delle 20/25 porzioni di verdura cucinata ogni pomeriggio finisce alla mensa del Convento di Sant’Antonio da Padova. Una mensa che sta diventando sempre più importante a Torino. All’interno del cortile del convento situata nell’omonima via al civico 7 di Torino, Alessandro Caramelli, coordinatore della mensa francescana, ci racconta l’impatto che ha avuto il Covid-19.
Quali sono stati i cambiamenti a livello di numeri?
Da febbraio 2020, la mensa è diventata una “mensa di massa”, siamo passati da 170/180 persone al giorno a circa 400, per cui i numeri sono molto più che raddoppiati.
In che modo siete riusciti a gestire un così alto numero di utenti?
Ci siamo dovuti organizzare in maniera completamente diversa rispetto a prima, sacrificando la parte umana del progetto, ossia l’accoglienza che avveniva in un orario tale per cui era possibile scambiare anche due parole con chi usufruiva della mensa. Ci siamo dovuti adeguare alle misure anti-Covid per cui i pasti sono consumabili solo d’asporto e la distribuzione avviene in maniera rapida per evitare assembramenti e contagi. Tutto ciò ha comportato anche una variazione nei tempi di lavoro, dal momento che per permettere la preparazione e la distribuzione dei pasti a un così alto numero di persone bisogna organizzarsi con anticipo.
Producete di più e con largo anticipo. Avete dei donatori che sostengono la mensa? Chi sono?
Sì, abbiamo dei donatori. Alcuni di loro ci sostengono dall’inizio e altri si sono affacciati nel corso del tempo anche a progetti attuali. Il donatore storico è il Banco Alimentare. Le donazioni provengono anche da aziende, varie associazioni che finanziano economicamente la mensa con un piccolo contribuito che noi convogliamo in cibo, nonché dai cittadini privati che fanno la spesa per noi o l’offerta in denaro.
Il nostro gruppo spesso si avvale della Croce Verde per raccogliere ciò che viene cucinato e li fa recapitare da voi verso sera. Questo avviene anche con alcuni ristoranti? Che rapporto avete con la Croce Verde?
Il progetto della mensa solidale abbraccia molte realtà e la Croce Verde ci fa da tramite. Una volta ricevuto il cibo cerchiamo di distribuirlo il giorno dopo tra coloro che si presentano alla mensa, che ormai è solo d’asporto.
Che tipo di esperienza è quella della mensa?
È sicuramente un’esperienza forte vedere persone che probabilmente non si sarebbero mai affacciati a questi luoghi. Colpiscono sia per l’abbigliamento e sia per gli stati d’animo chiaramente leggibili sui loro volti, si comprende che attraversano delle difficoltà certamente non previste dalla vita. Cambia anche l’approccio di chi opera come noi.
Dall’alto numero di utenti è chiaro quanto il Covid-19 abbia avuto un forte impatto sulla vita di molte famiglie che oggi si trovano in una situazione di grande bisogno e vulnerabilità e non sono più grado di fare la spesa. Questo progetto continua a procedere grazie alle donazioni, tuttavia c’è sempre bisogno di materiale come mascherine, guanti, gel igienizzanti e vaschette monoporzione per riuscire a mantenere i servizi aperti per tutto il periodo dell’emergenza.