In Italia economia circolare in frenata, sfruttato solo il 14% del potenziale

Nell’ultimo anno l’economia circolare ha fatto risparmiare alle imprese italiane solo 800 milioni di euro in più rispetto al 2023 (quando l’aumento era stato di 1.200 milioni), portando il risparmio totale a 16,4 miliardi l’anno, ben lontano dai 119 miliardi “teorici” a cui si dovrebbe aspirare. Dunque si sta sfruttando solo il 14% del potenziale, con un divario ormai difficilmente colmabile da qui al 2030. A dirlo è il Circular Economy Report 2024, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato mercoledì 11 dicembre insieme ai partner della ricerca

Italia economia circolare

Nell’ultimo anno l’economia circolare in Italia ha fatto risparmiare alle imprese nostrane solo 800 milioni di euro in più rispetto al 2023 (quando l’aumento era stato di 1.200 milioni), portando il risparmio totale a 16,4 miliardi l’anno, ben lontano dai 119 miliardi “teorici” a cui si dovrebbe aspirare. Dunque si sta sfruttando solo il 14% del potenziale, con un divario ormai difficilmente colmabile da qui al 2030. A dirlo è il Circular Economy Report 2024, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato mercoledì 11 dicembre insieme ai partner della ricerca, che riporta anche un’indagine su oltre 550 imprese italiane: benché il campione sia più ampio e rappresentativo (8 macro settori – arredi, costruzioni, elettronica, impiantistica industriale, tessile, alimentare, autoveicoli, imballaggi – invece di 7), e dunque non permetta raffronti diretti con gli anni precedenti, la situazione sembra in leggero peggioramento.

Le aziende che hanno adottato almeno una pratica di economia circolare, infatti, si fermano al 42% (46% nelle grandi aziende), il 36% è ancora scettico e non ha in piano di farlo neanche in futuro, mentre il 22% ne avrebbe intenzione: se si scende di dimensioni, poi, le percentuali si avvicinano, fino ad arrivare alle PMI dove gli scettici (il 39% e in crescita) superano gli adottatori (37%). Il 31% delle imprese circolari ha sede in Lombardia e la presenza è in genere più massiccia nel Nord Italia. La strada per dichiararsi completamente circolare, comunque, è ancora lunga: in una scala da 1 a 5, il valore medio di adozione che le aziende si danno è di 2,24 e solo il 3% del campione (in larga parte nel mondo degli imballaggi) si attribuisce il massimo. Cresce, anche se solo del 5%, la taglia media degli investimenti, che restano però concentrati sotto i 50.000 euro (quasi il 50%) e con tempi di ritorno che, per il 41% delle imprese, sono inferiori ai 12 mesi.

“È purtroppo evidente come le pratiche di economia circolare non siano entrate nel core businessdelle imprese – commenta Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy – e si sia invece, prendendo a riferimento la totalità del campione, in una fase ancora esplorativa delle possibili soluzioni. Al contrario, il sistema finanziario sta indirizzando sempre più i capitali verso investimenti che favoriscono questo innovativo modello economico: i green bond emessi dalle principali banche italiane hanno raggiunto quasi 8 miliardi di euro, il 74% in più rispetto all’anno precedente. E sta crescendo anche la consulenza in ambito sostenibilità (+25%)”.

Tra le pratiche di economia circolare più diffuse spicca ancora il riciclo (60%), seguito dal progettare senza scarti (43%) e dal design orientato a una facile riparazione (48%). Tra le pratiche meno applicate si trovano invece la riparazione (8%), la “servitizzazione” (il passaggio dalla vendita di un prodotto alla fornitura di servizi, 22%) e la riconsegna dei prodotti (28%).

Non c’è solo il sistema finanziario a rivestire un ruolo fondamentale nella transizione verso un’economia circolare, anche il settore della consulenza in ambito sostenibilità sta registrando un’espansione significativa: a fine anno si prevede che questo mercato raggiunga un valore di 800 milioni di euro, cioè il 13% del totale della consulenza in Italia, con un aumento del 25% rispetto all’anno precedente. Nonostante i progressi, invece, la crescita nei settori degli enti di certificazione, degli studi legali e della formazione appare più lenta e moderata e la loro presenza sul territorio risulta disomogenea: mentre il Nord Italia concentra un numero significativo di queste risorse, il Sud rimane in gran parte privo di un supporto strutturato.