Per la maggior parte degli ultimi cinque decenni la plastica si è riversata negli oceani del mondo, compromettendo la vita marina, sporcando le spiagge e alimentando una discarica che ormai si è fatta più grande della Francia. Ma nel corso della quinta sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEA), in programma a Nairobi dal 28 febbraio al 2 marzo 2022, si dovrebbero muovere primi passi verso la creazione di un trattato fondamentale per controllare l’inquinamento da plastica in tutto il mondo. Un documento che secondo le Nazioni Unite sarà il “green deal” più importante dagli accordi di Parigi.
L’UNEA è di fatto l’organo decisionale di più alto a livello mondiale sull’ambiente. Alla precedente sessione svoltasi il 22 e il 23 febbraio, hanno partecipato oltre 12.000 persone, inclusi leader e ministri dell’ambiente di oltre 150 nazioni. L’Assemblea ha approvato, tra gli altri risultati, una nuova strategia a medio termine, un programma di lavoro e un bilancio per il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Nella prossima i negoziatori dovrebbero per l’appunto discutere delle proposte per norme giuridicamente vincolanti sull’uso e lo smaltimento della plastica.
Ogni anno vengono prodotte nel mondo circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica (una quantità equivalente al peso della popolazione umana). Tuttavia solo il 9% viene riciclato; la stragrande maggioranza del resto si accumula nelle discariche o nell’ambiente naturale. Secondo un recente rapporto dell’UNEP negli oceani ne finiscono ogni anno circa 11 milioni di tonnellate. Nel tempo, com’è noto, questi materiali si decompongono in microplastiche che disperdono ulteriori inquinanti nella catena alimentare umana, nei sistemi di acqua dolce e nell’aria.
Dagli anni ’50, il tasso di produzione della plastica è cresciuto più rapidamente di quello di qualsiasi altro materiale, con uno spostamento dalla produzione di plastica durevole verso la plastica monouso. Finora la Convenzione di Basilea è stata l’unico strumento globale e giuridicamente vincolante che affronta l’inquinamento da plastica: regola il movimento transfrontaliero dei rifiuti plastici e impegna i Paesi a gestire meglio l’inquinamento da essi prodotto.
Nell’ambito della Convenzione di Basilea, gli Stati hanno lanciato nel 2019 la Partnership on Plastic Waste, che ha finanziato 23 progetti volti a prevenire l’inquinamento da plastica e a incoraggiare le imprese e gli Stati a riutilizzare i prodotti. Queste iniziative includono sforzi per limitare l’inquinamento degli oceani in Camerun, rafforzare il riciclaggio in Thailandia e scoraggiare i ristoranti in Cina dall’utilizzare contenitori di plastica da asporto monouso.
La partnership conta tra i suoi membri la metà dei governi del mondo, ha affermato Ross Bartley, Direttore del Commercio e dell’Ambiente del Bureau of International Recycling. Tuttavia, sono necessari più partecipanti per “fare breccia per ridurre al minimo la produzione di rifiuti di plastica e portarli sotto una gestione ecologicamente corretta”, ha affermato.
Una volta che la plastica entra nell’ambiente, può diventare globale, con impatti ambientali che possono durare centinaia di anni. Il Great Pacific Garbage Patch ne è un noto esempio. È pieno di rifiuti provenienti da decine di Paesi e si trova in un tratto di oceano senza giurisdizione nazionale.
Alla prossima UNEA, gli occhi saranno quindi puntati sugli Stati per vedere se intraprenderanno un’azione decisiva sull’inquinamento da plastica; la speranza è che deliberino sulle proposte per istituire un comitato negoziale intergovernativo che porti a uno strumento globale giuridicamente vincolante. La negoziazione di questi tipi di trattati globali è complessa e richiede consenso e consenso politico. Come afferma il rapporto “Dall’inquinamento alla soluzione” dell’UNEP: “Abbiamo il know-how, abbiamo bisogno della volontà politica e di un’azione urgente da parte dei governi per affrontare la crisi crescente”.