Nei prossimi 3/4 anni si aprirà uno scenario che potrebbe offrire oltre 150.000 nuovi posti di lavoro nell’energia green, occorre però attivarsi rapidamente affinché nel settore delle rinnovabili domanda e offerta di lavoro si incontrino. A dirlo è la ricerca del Censis commissionata da Assosomm, l’Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro, secondo cui le nuove opportunità lavorative saranno influenzate da una generazione di aspiranti lavoratori, motivati e dinamici e sono frutto anche di eventi drammatici come la Pandemia prima e la guerra ora che, oltre alla crisi, producono anche delle reazioni sul mercato del lavoro.
Ogni shock, per quanto traumatico, apre la strada a soluzioni innovative e, in questo momento, proprio l’innovazione nel settore dell’energia sta conoscendo un’accelerazione forzata e senza precedenti al punto che molti “colli di bottiglia”, burocratici ed economici, che prima la frenavano, stanno saltando.
Queste, nello specifico, le figure professionali più ricercate nell’immediato futuro.
Settore fotovoltaico: Tecnico esperto e designer in sistemi fotovoltaici e celle fotovoltaiche, Tecnico manifatturiero di scaldabagni solari, Elettricista specializzato, Tecnico installatore del solare, Consulente vendite di impianti fotovoltaici.
Settore eolico: Tecnico meccanico ed elettronico, designer delle turbine eoliche, Installatore e macchinista di generazione eolica, Lavoratore di lastre di metallo delle turbine eoliche, Consulente vendite di impianti eolici.
Professionisti con competenze trasversali: Manager per le energie rinnovabili, Geometra ambientale, Tecnico ecologo, Geochimico, Assicuratore ambientale, Esperto giuridico-commerciale di energia rinnovabili, Manager della programmazione energetica, Operatore della centrale elettrica.
Si aggiungono poi le figure professionali legate al risparmio energetico, primi fra tutti i manutentori e gli installatori di impianti per il riscaldamento e il condizionamento a bassi consumi.
Le Agenzie per il Lavoro potrebbero rappresentare, in questo scenario, un valido partner per le aziende in cerca di questi professionisti, proprio perché da una parte avrebbero già lavoratori da subito disponibili, dall’altra potrebbero creare percorsi di formazione ad hoc. Oggi i lavoratori in somministrazione rappresentano il 16,5% di tutti gli occupati a tempo determinato, 2 anni fa erano il 14%. E i margini di crescita sono incoraggianti. Nel 2021 gli occupati in somministrazione sono arrivati ad essere 500.000, nel momento più duro della Pandemia erano poco più di 300.000. L’aumento ha riguardato il numero di ore lavorate e il monte retributivo. Nel 2021:
- il monte retributivo dei lavoratori in somministrazione è aumentato del 27%
- gli occupati sono cresciuti del 24%
- il numero di ore lavorate è salito del 29%
In momenti come questi di grande incertezza per le imprese, il meccanismo della somministrazione permette una maggior stabilità per i lavoratori. Basti pensare che:
- Entro 90 giorni dalla cessazione di un contratto a termine in somministrazione, il 68.9% di coloro che hanno terminato una missione, ha attivato un nuovo rapporto di lavoro.
- Nei contratti di lavoro a termine non in somministrazione, solamente il 47.7% dei lavoratori ha avuto una nuova attivazione entro 90 giorni da una cessazione.
- A un mese dalla cessazione, il 55% di chi ha concluso una missione in somministrazione ha attivato un nuovo contratto, mentre solo il 29.4% delle persone che hanno terminano un contratto a tempo determinato non in somministrazione ha trovato impiego nello stesso arco temporale.
- Indipendentemente dalla classe di età dei lavoratori, per coloro che hanno lavorato in somministrazione la probabilità di sottoscrivere nuovi contratti di lavoro è sempre di circa 20 punti percentuali superiore a quella dei lavoratori che hanno terminato un contratto di lavoro, subordinato a tempo determinato non in somministrazione.
- Nel 2° trimestre 2021 si sono registrate 327mila attivazioni di lavoro.
In relazione all’attuale situazione ed emergenza internazionale, occorre ricordare inoltre che l’Europa trasferisce circa 1 miliardo di euro al giorno alla Russia per l’acquisto di gas. In Italia, nel 2021, le importazioni sono cresciute del 10% e il 40% del gas proviene dalla Russia, nel 2021 poi l’import dalla Russia è aumentato del 2,1%, mentre l’importazione dall’Algeria è cresciuta del 76,1% e oggi rappresenta il 29% del nostro import totale. Il 70% delle famiglie italiane ha impianti di riscaldamento a gas, i quali nel periodo invernale vengono accesi in media per 7 ore e mezza al giorno (10 in Valle d’Aosta e 5 in Sicilia). Basterebbe ridurre di un’ora l’accensione o di un grado la temperatura per risparmiare il 4% del gas da riscaldamento e quindi il 2,4% del consumo nazionale e quindi il 6% dell’import di gas russo.
«Una spinta ad attivare le filiere produttive considerabili di adattamento al “tempo di guerra” potrebbe essere di necessario stimolo al sistema Paese – commenta Rosario Rasizza, Presidente Assosomm, Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro. Prima fra tutte la filiera dell’efficientamento energetico. Al di là di questo specifico comparto, aggiungo però che è ora che si smetta di procedere per bonus e sussidi, perché, dopo tanti bonus più simbolici che di vera efficacia economica, occorrerebbe adesso concentrarsi in modo più compatto su una riforma del sistema lavoro che smetta, per esempio, di considerare il lavoro tassabile come se fosse un bene di lusso».