Presso la Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama, il 20 gennaio si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della proposta di legge “Disposizioni per la tutela della salute della popolazione residente in prossimità degli impianti di incenerimento, termovalorizzazione e smaltimento dei rifiuti” (ddl n. 1331).
Nonostante il testo definitivo della proposta non sia ancora reso noto, questa è già stata presentata lo scorso 23 dicembre durante la seduta n. 256 in Senato su iniziativa del senatore Andrea De Priamo. Ciò che sappiamo, però, è che la proposta prevede l’obbligo di effettuare biomonitoraggi sulle popolazioni che vivono attorno a impianti di smaltimento rifiuti come, appunto, inceneritori e discariche. Il disegno di legge introduce inoltre un’importante novità: gli screening sanitari dovranno essere finanziati da chi inquina, mediante l’introduzione di un’imposta a carico dei gestori degli impianti.
Come proponenti figurano, tra gli altri: Rete Tutela Roma Sud, Comitato Unitario NO 4ª Linea di Acerra, Comitato Opzione Zero del Veneto, Isde Roma e Lazio.
Secondo gli ultimi dati dell’Ispra (Istituto Superiore di per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in Italia al momento sono attivi 37 inceneritori che bruciano più di 6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Ma sono operative anche 261 discariche di cui 132 destinate a rifiuti non pericolosi prevalentemente urbani. A partire da questo contesto, durante la conferenza stampa non sono mancate le testimonianze di comitati e associazioni, sia di chi vive nei pressi degli inceneritori, sia di coloro che si battono per impedirne la realizzazione nei loro territori.
Presente a Palazzo Madama, il referente di Rete Tutela Roma Sud, Marco Alteri, ha sottolineato l’importanza del provvedimento dichiarando come: “Il disegno di legge punta a rafforzare i controlli ambientali, introducendo l’obbligo dei biomonitoraggi per tutelare il diritto alla salute e applicare concretamente il principio di precauzione. Una delle novità più rilevanti è che i costi di questi controlli saranno a carico dei gestori degli impianti e non della collettività, evitando così un ulteriore aggravio sulle tariffe, come la TARI. Ad esempio, nel caso dell’inceneritore di Roma, non sono stati ancora previsti né questi costi né quelli relativi alle quote del Sistema europeo di scambio delle emissioni di gas serra, che gli impianti potrebbero dover sostenere a partire dal 2028.”
Alteri ha inoltre evidenziato come tali oneri economici possano incentivare soluzioni tecnologiche meno impattanti: “Questi costi aggiuntivi potrebbero favorire l’adozione di tecnologie più sostenibili, promuovendo il recupero dei materiali e incentivando la nascita di nuove filiere produttive in Italia. Inoltre, si propone di calibrare il contributo economico in base alle spese effettive degli screening sanitari e di introdurre sanzioni qualora i biomonitoraggi rilevassero anomalie significative.”
Anche Giovanni De Laurentis, referente del Comitato Unitario No 4 linea di Acerra, ha espresso preoccupazione per la situazione ambientale del suo territorio: “In un’area che ospita un impianto classificato come insalubre, è essenziale che le istituzioni civili e sanitarie adottino il principio di precauzione, dedicando maggiore attenzione a queste zone. I dati relativi agli sforamenti di PM10 ad Acerra sono allarmanti: nel 2024 si sono registrati ben 86 superamenti dei limiti consentiti. Inoltre, l’accesso al registro tumori dell’ASL ha rivelato un’incidenza di patologie neoplastiche superiore alla media: un aumento del 44% per gli uomini e del 32% per le donne rispetto ai valori della ASL Na2 Nord, già tra i più alti in Italia. È quindi indispensabile destinare fondi specifici per biomonitoraggi, cure e screening, per tutelare la salute della popolazione.”
A intervenire è stato anche Mattia Donadel, referente del Comitato Opinione Zero, che ha raccontato l’impegno del gruppo nella terraferma veneziana contro la costruzione di nuovi inceneritori a Porto Marghera: “Porto Marghera è una delle aree più inquinate d’Italia, dove l’industria e le infrastrutture hanno determinato tassi di mortalità e malattie superiori alla media regionale, come confermato dallo studio SENTIERI. Dal 2020 chiediamo l’avvio di biomonitoraggi umani e oggi, grazie al progetto ONE HEALTH CITIZEN SCIENCE finanziato dal Ministero della Salute, siamo finalmente riusciti a coinvolgere la popolazione nell’analisi di urine e sangue per rilevare metalli pesanti, diossine, PCB e PFAS. Tuttavia, è fondamentale che questi studi, spesso resi possibili dall’impegno dei comitati locali, vengano consolidati a livello normativo con risorse strutturate, poiché i biomonitoraggi sono strumenti essenziali per valutare i rischi per la salute, come indicato anche dalle direttive europee.”
A ribadire l’importanza della proposta è intervenuta anche Laura Reali, presidente di ISDE Roma e Lazio: “Il disegno di legge mira a potenziare i controlli ambientali attraverso l’obbligo dei biomonitoraggi, per garantire il diritto alla salute e applicare il principio di precauzione. È cruciale che i costi di questi controlli ricadano sui gestori degli impianti e non sulla collettività, evitando aumenti delle tariffe come la TARI. Per l’inceneritore di Roma, ad esempio, non sono stati ancora previsti i costi legati alle emissioni di gas serra a partire dal 2028, un onere che potrebbe rappresentare un ulteriore incentivo all’adozione di tecnologie meno dannose e al potenziamento del recupero dei materiali.”