È in vigore dal 21 febbraio 2024 il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), il documento “di indirizzo e governance per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici”, approvato il 21 dicembre 2023 con decreto ministeriale.
Il Piano, pubblicato in attuazione alla Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del 2015, è articolato in sei parti principali: il quadro giuridico di riferimento; il quadro climatico nazionale; impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali; misure e azioni; finanziare l’adattamento ai cambiamenti climatici; governance dell’adattamento.
Accompagnano il piano quattro allegati dedicati alle strategie regionali, a quelle locali, agli impatti e alla vulnerabilità, e alle azioni.
I tre scenari del Piano
Il Piano presenta alcune proiezioni su quello che potrebbe accadere in Italia dal 2036 al 2065 e delinea tre scenari possibili. In uno scenario a elevate emissioni (RCP 8.5) il Pnacc prevede, entro il 2100, concentrazioni atmosferiche di CO2 triplicate o quadruplicate (840-1120 ppm) rispetto ai livelli preindustriali (280 ppm). Lo scenario a elevate emissioni risulta caratterizzato dal verificarsi di un consumo intensivo di combustibili fossili e dalla mancata adozione di qualsiasi politica di mitigazione con un conseguente innalzamento della temperatura globale pari a +4-5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali atteso per la fine del secolo.
In uno scenario intermedio (RCP 4.5), che assume la messa in atto di alcune iniziative per controllare le emissioni, sono considerati scenari di stabilizzazione: entro il 2070 le concentrazioni di CO2 scendono al di sotto dei livelli attuali (400 ppm) e la concentrazione atmosferica si stabilizza, entro la fine del secolo, a circa il doppio dei livelli preindustriali.
In uno scenario di mitigazione aggressiva (RCP 2.6), invece, le emissioni sarebbero dimezzate entro il 2050.
Le misure
Il piano individua 361 misure da adottare su scala nazionale o regionale, finalizzate a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici. Le misure riguardano un ampio ventaglio di tematiche: acquacoltura, agricoltura, energia, turismo, foreste, dissesto idrogeologico, desertificazione, ecosistemi acquatici e terrestri, zone costiere, industrie, insediamenti urbani, patrimonio culturale, risorse idriche, pesca, salute e trasporti.
Le misure sono differenziate in base all’entità degli interventi richiesti: le azioni “soft” non richiedono interventi strutturali e materiali diretti, le azioni “green” richiedono interventi materiali che intervengano solo sulle risorse naturali già a nostra disposizione, mentre le azioni “grey” prevedono sforzi infrastrutturali come la costruzione di nuovi impianti e infrastrutture. La grande maggioranza delle azioni – oltre 250 – è classificata come “soft”, nonostante gli ultimi mesi abbiano messo in evidenza l’estrema necessità di interventi di adattamento profondi.