Purtroppo, avrei voluto più tempo per riflettere, prima di scrivere sul nostro cammino lungo le strade dell’Ucraina con il Mean, Movimento europeo di azione nonviolenta. Quando abbiamo attraversato a piedi la frontiera tra Polonia e Ucraina, lungo il percorso ci siamo ritrovati gli stessi prati verdi, le aree gioco bimbi così colorate, ma il nostro sguardo vedeva qualcosa di diverso. Mentre in Polonia, anche nelle zone di confine, si respirava aria di vita quotidiana normale ed il sole, piano piano, illuminava il risveglio della natura, delle persone, delle cose, delle chiese che svettano nell’azzurro del cielo e brillano, illuminate dai raggi del sole, guardando in Ucraina gli stessi prati, le stesse aree gioco colorate, si percepiva una realtà diversa,poche persone per strada, nessun bambino, qualche giovane ragazza che sfidando forse la paura, facendo jogging , praticava una normalità surreale.
È la differenza sta tutta in una parola: guerra. In Ucraina, a Kiev, si può camminare, correre, fare la spesa( anche se ha chiuso più del 92% di attività) e puoi far finta di nulla, ma nel tuo profondo sai che può sempre arrivare un missile e colpirti, mentre dormi, mentre cammini, mentre mangi. Ecco quale è la differenza. E a tutti quelli che sempre mi dicevano : “ Ma non si può continuare a mandare armi”, in quel momento avrei voluto rispondere che a chi sta come bersaglio di missili un po’ di contraerea fa piacere.
Non siamo ipocriti. Quando la guerra la incontri davanti a te- anche se per poco tempo-incominci a capire di più. C’è ancora tanto da capire e da ascoltare( come ci ha saggiamente ricordato Paolo Bergamaschi in questi giorni).
E allora come uscire da questo buco nero in cui Putin ha infilato l’Europa? Cosa siamo andate/i a fare a Kiev?
Ascoltando con attenzione i racconti delle persone che erano il cuore di questo viaggio in Ucraina, mi sono resa conto che una prima risposta era tutta nelle parole del Sindaco di Kiev’ Grazie per essere venute/i qui, anche se non vi posso garantire la sicurezza. La risposta è “esserci”, in primo luogo e provare a costruire ponti di pace che potranno poi essere attraversati anche da altri diversi da noi.
E quando abbiamo udito nella sala del Comune di Kiev l’inno d’Europa, ho compreso che un’altra parola chiave è Europa. I giovani di Kiev sono Europa e dobbiamo garantire loro un futuro vivibile, così come ai nostri giovani. Ma come? L’Ucraina è Europa, con le sue piazze storiche, le Chiese, i meravigliosi alberi monumentali che nascondono luoghi incantati della città. L’Europa non è quella della carta geografica o dei trattati, ma è l’Europa delle genti, delle strade che calpestiamo, un’Europa di popoli che a loro volta sono capaci o dovrebbero esserlo di costruire ponti con l’altro volto del Mediterraneo.
Ma perché non andate anche in Russia, ci chiedono continuamente su Facebook. I sentieri della storia sono imperscrutabili. Senza Marianella e Massimo, non sarei mai venuta a Kiev. Senza Alex Langer non sarei mai andata in exJugoslavia e in Albania.
Andando là dove siamo chiamati ad ‘esserci’, finiamo per essere parte della storia e forse aspiriamo a far sì che la storia assuma una traiettoria diversa, in punta di piedi. Per non vedere più massacri, dolore, volti di bimbi spauriti, donne che coraggiosamente trascinano pacchi e carrozzine su quel sentiero di frontiera che anche noi abbiamo attraversato. Ora sappiamo un po’ di più come ci si sente. Fate conoscere la realtà, ci ha suggerito questa donna meravigliosa che è Tatyana. Ci proveremo, ci proverò con tutta me stessa. Ora so di più cosa è il dolore, cosa è l’angoscia e la paura nascosta e ci proverò a mettere in campo qualsiasi azione che schiuda una prospettiva diversa da quella della guerra.
Stanca del viaggio, mi ritorna in mente il campo di girasoli sullo sfondo del cielo azzurro. Ci siamo fermati per fotografarlo. Era bellissimo, come bellissima e’ l’Ucraina. Mi ricordo le parole di un amico filosofo Aldo Giorgio Gargani che ci diceva’ Noi siamo coinvolti nel destino degli altri, in una grande frase infinita che è il destino della conversazione umana. ‘ Questa è la ragione per cui siamo andate/i a Kiev.
Pinuccia Montanari